E così anche Arezzo si arrende (per dovere o per cupidigia) al dio danaro e si erge questo novello Traffic ad innalzare il vessillo di unico festival gratis in italia. Le quattro stellette se le merita quindi anche solo per questo, ma in fondo di meriti ne ha parecchi questo piccolo (per quanto riguarda le edizioni) festival.
Io ed il caro Albo partiamo dal profondo sud pugliese in quella del 13 luglio; estenuati e sudati dalle 10 ore di treno arriviamo a Torino e cominciamo a domandare in giro quale sia l'autobus che conduce al Parco della Pellerina, e qui arriva la prima considerazione: forse è un'impressione che ho avuto solo io, ma i torinesi, di questo festival, se ne sbattono allegramente, molti ne ignorano l'esistenza ed ai concerti ho incontrato quasi solo gente di bologna o straniera (francesi a buttare e qualche spagnolo).
Arrivati al Parco della Pellerina (luogo dove si tiene il main stage, ma ci sono stati concerti anche in altri posti) ci accorgiamo di essere arrivati in ritardo e, in pratica, ci siamo persi il concerto dei Gogol Bordello; peccato, mi interessavano molto di più loro di Caparezza che salta, si traveste, fa il suo bel comizio anti-tav ma in fondo è Caparezza, e questo è già un limite; comunque il riccioluto riesce a non annoiare almeno me, al contrario del caro Albo che lo apostrofa in malomodo, ma in fondo in fondo il Caparezza a me stà simpatico, e non solo perchè è di Molfetta. Dopo di loro arrivano i La Phase e comincia una specie di sommossa nella zona di pubblico vicino a noi, perchè tutti si aspettavano Manu Chao, e nessuno sapeva che stavano anche 'sti tizi francesi. Dopo due canzoni, però , la gente si ricrede, 'sti La Phase sono in gamba e propongono un buon Drum'n'Bass con in aggiunta parti rock o rappate, e loro sono decisamente coinvolgenti sul palco; il concerto inizia a farsi apprezzare in ritardo, arrivano una dozzina di francesi dalle nostre parti e scattano i primi timidi pogamenti. All'ultimo pezzo salirà anche Manu Chao sul palco, con tanto di grancassa a tracolla e la gente comincierà ad urlare come se fosse arrivato Lee Ryan; alla fine si scopre che questi La Phase sono il gruppo del tastierista di Manu, un tipetto biondo che qui canta e suona e che praticamente è rimasto sul palco per quasi quattro ore filate.
Ok, ora è il momento di Manu Chao. I suoi Radio Bemba sound system sono formati da un bassista (enorme e tatuato, minaccioso com'è potrebbe stare nei Meshuggah), un chitarrista (il virtuoso, davvero molto bravo), un batterista (el hombre de ferro, come lo chiama Manu) un percussionista ed il tipetto biondo dei La Phase alle tastiere e campionatori. Inizia il macello, c'è poco da dire, vi può anche non piacere il genere proposto da questo musicista ma bisogna ammettere che dal vivo Manu è una goduria: i pezzi sono tutti completamente diversi dalle versioni sull'album, molto più veloci e con nuove parti: reggae, dub o anche assoli. I radio bemba divertono tantissimo e nella Pellerina non c'è una persona che non stia saltando e sudando. L'unica canzone uguale a come compare sul cd è "clandestino", con Manu da solo alla voce e alla chitarra, poi arriva la sorpresa: sale sul palco Roy Paci (che suona con Manu Chao nei Corleone) e comincia il gran finale con tutti i pezzi migliori. La tromba di Roy, si sa, è magnifica e una splendida versione di "king of the bongo", velocissima e irriconoscibile, chiude il concerto, o meglio, la splendida festa di ben due ore e mezza di Manu Chao.
Si conclude così il primo giorno, il caro Albo torna a Bari ed io rimango a Torino a dormire alla stazione e a godermi i concerti del giorno dopo. Si inizia alle 18, nella splendida cornice dei Giardini Reali, con i Tuma, band leccese purtroppo orribile e noiosa; poi arrivano i North Pole, gruppo altrettanto di merda e finalmente ravvivano gli animi gli Zen Circus, tre pazzi che mi ricordano i Primus (per dose di follia sul palco, non certo per la genialità) davvero divertenti e interessanti, unico gruppo positivo del pomeriggio.
Il servizio navetta gratis offerto dal Traffic funziona che è una meraviglia (anche se molti hanno avuto da ridire, non capisco il perchè) e mi riporta alla Pellerina dove mi perdo i Sons and Daughter, impegnato a scolarmi una bottiglia di Martini con dei tipi di Verona. Arrivano i Frenz Ferdinand; boh, sarà stato il Martini, ma a me il concerto aggrada abbastanza, gli scozzesi in questione non me li ero mai cagati, conoscevo solo i singoli e non mi piacevano neanche, ma dal vivo, pur non essendo dei grandi musicisti, risultano piacevoli e la gente canta e balla parecchio. Suonano per ben due ore, e propongono un bel solo di batteria a sei braccia ed una simpatica scenetta: il chitarrista accenna "bella ciao" ed il pubblico comincia a cantarla a squarciagola e Kapranos (il cantante) non riesce ad attaccare il pezzo seguente col pubblico che urla e rimane lì a sorridere come un babbione. Il concerto termina e vado ai Murazzi col mitico servizio navetta, e lì mi aspetta la sorpresa più bella di questi tre giorni. Gli Ellen Ripley suonano in un buco di più o meno cinque o sei metri quadri con dentro decine di persone che ballano come pazzi invasati; gli Ellen Ripley altri non sono che il batterista ed il primo bassista dei Subonica, un altro bassista che si alterna al contrabasso elettrico e due dj più un cantante completamente fuori di melone. Il concerto è fenomenale: schegge di elettronica, drum 'n bass e "jungle punk" (??) si fondono in un'ora e mezza fenomenale, i due bassisti sono INCREDIBILI e la loro musica è potentissima, altro che i Subsonica. Il concerto è davvero molto, molto bello e sudo come un pazzo. Verso le quattro uscirò stravolto da quel buco di locale, comprerò del fumo e me lo andrò a fumare con i tipi di Verona alla stazione, accompagnandoli al loro treno.
Il giorno dopo sono stanco morto e lo passo a dormire nella sala attesa della stazione dalle otto di mattina fino quasi alle sei, ora in cui arrivano i rinforzi dal profondo sud barese: Ilario, Posa, Margello, Giandread ed il mitico Busto (grazie per avermi presto i soldi per il ritorno!) sono giunti a Torino e ce ne andiamo tutti bel belli a sentire gli Strokes. Prima di loro ci sorbiamo però una certa Joan and the Policemen, una tipa che canta con il mal di pancia, con un batterista grasso da fare schifo e una bassista che c'è o non c'è non cambia un cazzo; la Bari bene si erge compatta ad urlare il proprio disgusto con male parole e grasse risate, e vabbè che non è educazione, però quella faceva davvero scendere il latte dalle ginocchia. Ore 22, salgono gli Strokes, tutti vestiti fashion all'ultima moda e fighi più che mai, tranne il bassista che è brutto come il debito. Iniziano con "juicebox" e scatta il delirio, non immaginavo che ad un concerto degli strokes ci potesse essere tanto pogo, e lo dice anche Casablancas dal palco, piacevolmente sorpreso. Purtroppo, però, il suono è decisamente peggiore di quello delle sere precedenti e su "Ask me anithing", solo piano e voce, si sente eccome ed il chitarrista s'incazza (giustamente).
Comunque sembra che alla gente non importi se si sente bene o male, tutti sono qui per vedere come si sono vestiti gli Strokes e "... lo sai che il batterista stà con Drew barrymore?? ... seeeeeeeee!Non ci creeedo!" e stronzate simili. Il concerto termina dopo appena un'ora e un quarto, e anche se è stato comunque un bel concerto (i problemi di acustica non sono colpa loro)...e che cazzo, potevano suonare pure un altro poco. Vabbè, fa niente, tanto la gente è soddisfatta lo stesso, anche solo perchè Nick ha suonato per trenta secondi il ritornello dei White stripes simbolo dei mondiali o perchè il batterista alla fine ha urlato nel microfono "e vince Italia!"... sono tutti contenti lo stesso. Io no, ma alle pecore basta questo.
Tuttavia questi tre giorni sono stati davvero molto molto belli e tutti questi concerti gratuiti sono davvero una gran cosa di questi tempi; ed è bello ubriacarsi ai murazzi per l'ultima sera, giocare un pò a pallone con dei marocchini, vedere Giandread che vomita e così si torna a Bari col treno del giorno dopo, senza aver dormito, stanchi e contenti.
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