Vasco indubbiamente è un furbone. È un incredibile manager di se stesso, ormai.
Ha stupito tutti con l’uscita a sorpresa di una canzoncina (per il vero modesta), scaricabile da internet esclusivamente, e ufficialmente non annunciante né album né altri progetti. La canzoncina a sorpresa (per il vero modesta) è stata accompagnata da dichiarazioni che avrebbero la pretesa d’esser altisonanti, onestissime e soprattutto austere e, in una parola, serie.

Vediamo: Vasco dice, più o meno testualmente, che per lui l’era degli album sarebbe finita, che ha voglia di scrivere canzoni singole e di venderle in questo modo. “Scrivo, registo al volo e metto in rete”, sembra dire, col tono di chi fa l’indipendente e torna alle cose vere (non quelle di una volta perché una volta non c’erano…ma ci siamo capiti…con quello spirito). Poi aggiunge che la canzoncina (per il vero modesta) vorrebbe essere un piccolo omaggio a Jannacci, così cercando un occhieggiamento a quel pubblico di talebani del cantautorato (come chi scrive) che da anni lo segue o con sospetto o al massimo come gradevole colonna sonora d’una vacanza con famiglia e amici. E fin qui sembrerebbe credibile, persino, giocando sul fatto che tutti, ma soprattutto i giovani, non hanno più un briciolo di senso critico e si bevono e mangiano tutto quello che il mercato ed i suoi alfieri dan loro da mangiare.

Invece qui si ragiona, o almeno ci si prova.
E proviamo a buttare lì due dati al volo. Nel biennio 2005-2006 la SIAE, elefante primrepubblichino che meriterebbe una bella invettiva che in altra occasione di certo si farà, ha avuto introiti incredibili soprattutto (per percentuali altrettanto incredibili) grazie alle canzoni scaricate sui telefonini e a quelle scaricate (legalmente) dalla Rete. Il primo nome che ha fatto la fortuna della SIAE (e la propria)? Naturalmente Vasco. Registrare una canzone, dopo averla scritta o fatta scrivere, costa pochissimo. E si lavora mezza giornata (per registrare la sola traccia vocale, volendo, anche molto meno…). Registrare un intero album, invece, implica moltissimi oneri, diretti e indiretti: un progetto di fondo (vi ricordate i “concept”…? …che bello… l’ha fatto anche di recente Testa, ma l’abbiam gradito in tre), un insieme d’arrangiamenti comparabili ma non uguali per armonizzare l’insieme del progetto. Studio, musicisti e tecnici prenotati per chissà quanto tempo……. insomma, costi, costi e costi. E anni di lavoro.

Sappiamo poi benissimo, e lo sappiamo tutti, che ultimamente sono i singoli che funzionano (il ritorno banalizzato e banalizzante dei favolosi ’60, lo chiamo io…) e non gli album. Quelle che vengono vendute alle pubblicità dei telefonini sono singole canzoni, non album. E, se negli anni ’70 – ’80 chi cedeva musica alla pubblicità era considerato un cretino, oggi è considerato cretino chi non lo fa… Vasco ci vende tutto questo, e ci vende la sua nuova canzoncina (per il vero modesta) col ditino moraleggiante dell’artista. Ma sta solo facendo quello che un buon manager dovrebbe sempre cercare di fare: minimizzare i costi e massimizzare i profitti. È solo marketing, baby. E vedremo quanto sarà marchètting.

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