Lo ammetto con totale sincerità: per me Vasco è morto dopo questo disco.
Precisamente, come avete letto sopra. "Nessun pericolo...per te" resta l'ultimo grande album della rockstar italiana più celebra e controversa di sempre. Genuino, rabbioso, oscuro, dissacratorio, ma soprattutto onesto. Uno smalto che Vasco non ha più saputo rimettere allo stesso modo, il grido di un uomo che ormai si ritrova catapultato sul tetto del mondo. Sebbene il successo fosse enorme intorno a lui, da "Gli spari sopra" si avvertì che Vasco era cambiato, in particolare nella traccia "Ci credi": niente più vita oltre il limite, serate all'insegna dello sbando e degli eccessi, con l'arrivo del figlio l'artista si ritrova a voler tirare il freno e affrontare con maggior determinazione i demoni nella propria vita, da artista e padre nella vita privata. Ciò che balza subito all'occhio notando la tracklist è il numero delle seguenti tracce: 10 canzoni, proprio come i vecchi album. Brani modesti alternati ad altri tra i più splendenti del repertorio di Vasco. Il ritmo rimane abbastanza coerente, perfetto nelle prime tracce, con qualche ricaduta verso il finale, ma nulla di disastroso se paragonato ad alcuni suoi lavori più attuali ("Come nelle favole"...mai sentita roba più fetente dopo la cover oscena dei Radiohead). "Nessun pericolo...per te" è un disco rock, in tutto e per tutto, e per creare un disco rock che si rispetti, assolutamente al passo dei tempi e curato in ogni dettaglio, Vasco si è presentato con una armata di musicisti che non ha bisogno di presentazioni: Vinnie Colaiuta, Andrea Braido, Randy Jackson, Mike Landau e l'inseparabile Stef Burns.
L'album si apre con "Un gran bel film", un inno alla vita e alla rivalsa da parte di Vasco. Il pezzo parte lento per poi esplodere mano a mano che si arriva al ritornello. Una canzone che allo stadio fa sempre una sporca figura, oltre ad essere una bella intro. "Benvenuto" si apre con un tappeto sonoro più dark, per poi accompagnare un ritornello in cui Vasco presenta suo figlio al mondo intero, con tanto di campane della chiesa ad abbracciare il finale e portare uno spiraglio di speranza nel cuore dell'ascoltatore. Il brano è apprezzabile, con quelle sonorità cupe e "piene" che poi ritorneranno spesso nella sua carriera, in particolare nell'album "Stupido Hotel", tuttavia rispetto a ciò che vedremo più avanti risulterà uno dei meno grandiosi. Perchè davanti a un capolavoro come "Gli angeli" si può solo che emozionarsi: una delle canzoni italiane più belle di sempre, dedicata a Maurizio Lolli, manager e amico di Vasco, morto per tumore ai polmoni. Il testo è struggente, l'interpretazione di Vasco è una delle più ispirate, fino al solo finale di Landau, un grido disperato e rabbioso in grado di far volare davvero l'ascoltatore; non a caso alla regia del video ci pensò Roman Polanski a far cogliere le sensazioni che il brano voleva comunicare.
La quarta traccia è l'ennesima perla: "Mi si escludeva" si apre con una produzione che sembra gli U2 nel periodo "Achtung Baby", sia dalla schitarrata iniziale che dai suoni elettronici presenti nella batteria, con aggiunta di cori gospel ad arricchirla, sebbene si parli comunque di un brano rock nudo e crudo. Vasco parla di quando un tempo nessuno credeva in lui e nella sua arte, fino ad ora in cui può permettersi il lusso di tenere critica e pubblico ai suoi piedi. Uno degli episodi migliori. Si ritorna con un'altra delle ballate d'amore migliori di Vasco (forse la migliore), ovvero quella "Sally" che cammina per la strada sicura senza pensare a niente. Un pianoforte dolce ma malinconico, un testo splendido, un ritornello commovente. Anche in questo brano l'artista di Zocca regala un'interpretazione di rispetto, seppur qualche sbiascicamento qua e là forse non del tutto voluto, caratteristica di cui Vasco ci ha fatto un vero e proprio marchio di fabbrica. A parte questo piunto "Sally" rimane un gioiello della musica italiana.
Seguono subito dopo due delle tracce più incazzate del lavoro, ovvero "Praticamente perfetto", dedicata a chi pensa ad apparire arrivando a tradire gli amici, e "Le cose che non dici", basata sulla fiducia: la prima è un bel pezzo trascinante di tipico rock anni '90 made in Italy, la seconda più blues-eggiante e paziente, con un intro di chitarra quasi da poliziesco anni '80. Entrambi non eccezionali, ma interessanti. Ed eccoci arrivati alla titletrack, un pezzo che inizia come un ballo sensuale intorno ad un falò, fino all'esplosione di un ritornello energico su cui si reggerà il resto del brano. L'episoido più ignorante dell'album, in parole povere la traccia "sex-drugs-rock'n'roll", seppure ci sia spazio anche per delle frecciatine scomode. I due episodi che chiudono il disco, "Io perderò" e "Marea" sono apprezzabili, ma non aggiungono altro alla bellezza del disco: la prima è un brano più pop su cui Vasco si baserà per l'intera carriera del 2000, motivo per cui personalmente non mi faccia impazzire, mentre la seconda pare strizzare l'occhio ai Genesis di "Abacab" (quelli che molti speravano di dimenticare), su una base più moderata ma ricca di synth, con un finale più arrabbiato appena entrano le chitarre. Sufficienti, avrei preferito una chiusura più avvincente a dire la verità.
Questo è "Nessun pericolo...per te", uno dei migliori album di Vasco degli ultimi 20 anni, grazie in special modo ad una qualità di mixaggio portentosa, che lo rendono fresco e attuale ancora oggi. Il resto che viene dopo potete tranquillamente farne a meno. A vostro rischio e pericolo.
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