Reduce dal successo di "Canzoni per me" (1998), a sorpresa, Vasco non annuncia il tour di rito. Unica data, giugno '98 autodromo di Imola. Accorre il pubblico delle grandi occasioni, fan di vecchia e nuova data.
"Rewind" (1999) è la cronaca perfetta, pulita e completa di quella serata. Senza fronzoli o maquillage Vasco entra in scena e sputa in faccia ai propri devoti il suo rock strapaesano (e, di conseguenza, lontanissimo da quello americano o inglese) come una specie di guru de noantri. Sarà l'ultima volta: l'imbolsimento del successivo "Stupido hotel" (2001) segnerà il passo. A leggere la scaletta c'è di che rimanere ammaliati. Il meglio c'è tutto (o quasi): si parte lenti e sornioni con "Quanti anni hai" e si prosegue con il ripescaggio di un brano che sembrava essere finito nelle ceneri del tempo "Sballi ravvicinati del terzo tipo". In mezzo una serie di "once upon a time" ("Blasco", "Jenny è pazza", "Mi si escludeva") e molte conferme ("Vivere", "Siamo solo noi", "Delusa", "C'è chi dice no"). La chiusura è una doppietta formidabile: una versione quasi eterna di "Vita spericolata", e una versione altrettanto lunga ed emozionante di "Albachiara".
L'inedito è "Rewind". Divertente, malandrino, formato radio e vacanze estive.
Quello che colpisce è l'assoluta padronanza del palco, l'animale da palcoscenico che toglie il fiato, colpisce duro e sorprende i fan (il veloce medley acustico che in cinque minuti passa in rassegna, quasi, una carriera: tra le altre, "Ridere di te" e "Incredibile romantica"). La vitalità contagiosa del precedente "Fronte del palco" (1990) si è ora trasformata in gioia sfrenata e indiavolata ( e sana) febbre di rock. Il più bel Vasco di sempre. L'ultimo possibile, purtroppo.
Carico i commenti... con calma