"VAST" è un acronimo che sta per Visual Audio Sensory Theater, "Il teatro sensoriale audio/visivo", riferimento ad una visione della musica come arte multimediale che, attraverso immagini e suoni, rievoca nella mente dello spettatore figure nuove o del proprio passato. "Vast" è anche una parola inglese che sta per "ampio, sconfinato, infinito", come tutto ciò che è sconosciuto. "VAST" è soprattutto il nome del gruppo di Jon Crosby, una "one man band" che ha l'enfant prodige americano come mente e factotum, intorno al quale girano di volta in volta vari musicisti. Il concetto è un po' quello che sta alla base di altri progetti musicali creati da artisti dalla vena compositiva strabordante, come è il caso dei Nine Inch Nails di Trent Reznor. La musica di conseguenza appare in una forma molto originale e, soprattutto, personale e intima, sia che si tratti di un brano dalla forte carica energetica, sia di un episodio intimista. L'idea alla base dell'intero lavoro è quella di una sintesi tra il rock melodico tradizionale, le influenze pop-industriali reznoriane e elementi che provengono dagli albori della musica, come l'utilizzo di campionamenti di canti gregoriani o indiani. La ricerca della melodia pura e della pulizia stilistica è l'obiettivo primario del progetto, sin da questo esordio del '98, e la qualità della produzione è altissima.
Inserito il cd nel lettore, il viaggio onirico inizia con un intro ambient con campionamenti di archi che precede "Here", uno dei brani più aggressivi del catalogo crosbyano, una dichiarazione di propositi soprattutto. L'influenza de NIN c'è e si sente, anche se l'apertura ariosa del refrain e tutta "vastiana", sostenuta da una voce eterea, pulita e potente al tempo stesso, anche se aiutata dalle tecnologie che portano a prolungamenti infiniti di alcuni vocalizzi, in un perenne effetto eco. Finita la prima furia, arriva una chitarra acustica leggermente dissonante ad accarezzare l'orecchio dell'ascoltatore, poi un coro di voci angeliche e un piano: è "Touched", scelta anche come singolo, che si apre subito ad una sfuriata di batteria. La splendida melodia è malinconica e grintosa al tempo stesso. La voce di Crosby fa la differenza in un contesto dove pochi elementi, ben distinti tra loro, vengono assemblati per dar origine ad un capolavoro di semplicità. Il finale richiama l'oriente e sembra una versione pulita della coda che accompagnava "Mr Self Distruct" su The Downward Spiral. I Nine Inch Nails ritornano in "Dirty Hole" (il testo e il piano richiamano "Closer") prima che un canto indiano prenda la parte principale della scena, per poi fungere da sottofondo alla melodica rabbia del cantato di Crosby, voce così potente e fragile al tempo stesso. L'idea di usare dei canti come strumenti è una caratteristica di molte canzoni, ed è forse l'elemento di distinguo della musica dei Vast. Il finale dà l'idea del trionfo dell'uomo ferito sulla donna carnefice. Qui Crosby mostra tutta la molteplicità del suo animo: furente e quasi gaio nel vedere la sofferenza della donna, mentre altrove amante tenero e romantico. La traccia 4 ne è forse il testo più emblematico: "Pretty When You Cry", altro singolo del disco. L'amante gode nel far soffrire la propria donna, solo perché la trova molto più carina quando piange. Il brano è un capolavoro per la melodia semplice, i beat elettronici e le chitarre rabbiose unite ai cori angelico-diabolici. Bellissimo anche il videoclip della canzone con citazioni dalla Divina Commedia.
La disperazione accompagna la crisi religiosa di "I'm Dying" prima dell'esplosione di rabbia a metà brano. Poi il tempo si ferma: ecco "Flames", ballata poetica con sola voce, archi, chitarra e violoncello. Siamo insieme ai due amanti nella loro stanza da letto, al buio, con solo poche candele che illuminano il tutto. Una lacrima inizia scendere quando Crosby si produce in un canto in falsetto prima che gli archi ci accompagnino verso la prosecuzione del sogno. Sogno che si interrompe bruscamente con "Temptation", aspra rockeggiante cavalcata desertica e l'esplosione orientaleggiante di "Three Doors". Come dice il testo "ci sono tre porte da attraversare, ma solo una porta a te". Forse la scelta che viene fatta non è quella giusta e il senso di disperazione si impadronisce di noi con "The Niles Edge", pathos disperato nell'esplosione vocale di Crosby, a livello vocale sicuramente il suo apogeo. Il sapore fiabesco dell'oriente torna con "Somewhere Else To Be" che ci porta su un tappeto volante attraverso il deserto, continuando con la sua prosecuzione strumentale senza titolo, fino all'arrivo in un oasi d'amore, "You".
Il viaggio è finito e il nostro animo, finalmente, appagato.
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