Senza cercare impietosi paralleli con le precedenti produzioni dei "nostri", "Libertad", recente fatica dei Velvet Revolver, si rivela un disco ineguale, asimmetrico, con alcuni spunti interessanti, dove la band suona sicura e compatta, e frangenti in cui si rifugia nel citazionismo più arido.
"Libertad" mette in luce alcuni pregi esecutivi ed altrettanti limiti compositivi, nobilitati da una produzione che ben valorizza l'impasto sonoro, seppur smussando gli spigoli rock del precedente "Contraband". La quasi totalità dei brani è imperniata sulla successione riff/strofa/ritornello, che a lungo andare ne atrofizza lo sviluppo; in questo contesto il buon Stradlin' era una mano santa: le sue composizioni, avevano come asso l'architettura della canzone: basti pensare all'intreccio dinamico dei riff in "Rocket queen" o "Nightrain" per comprendere la povertà strutturale di alcuni episodi dei Velvet revolver. Le influenze frammentarie di "Contraband", che suonavano come una rilettura dei Guns in chiave "Seattle", in "Libertad" si coagulano formando un humus sonoro fatto di suggestioni beatlesiane, intrecci esotici ed echi hard rock.
L'apertura del disco, affidata alla rovente "Let it roll", è Slash al 100%: una provocazione smaccata, il brano più Guns dell'intero lotto, che riesce ad accattivarsi l'ascoltatore prima di propinargli episodi di registro meno consueto: la cantilenante "She mine" è un suggestivo innesto di musica orientale dal sapore un po' Aerosmith ("Jaded" è dietro l'angolo...) su un canovaccio grunge, mentre"Get out the door", è la summa sonora delle inclinazioni dei singoli Velvet e degli elementi che conglobano: blues rovente, linee vocali accattivanti e produzione modernista, ma è un episodio a sé: lo sfortunato singolo "She builds quick machines", come la seguente "Just 16", vive di puro esercizio, con un'intelaiatura compositiva prevedibile. Con la seconda metà del disco ci si addentra nel cuore indigesto dell'album: "American man", punk pop del peggior tipo, che ammicca agli Offspring, "Spay", becero riciclaggio dei primi Snakepit, e "Mary mary", sanno di già sentito fin da prima di aprire la confezione. Notevole invece la reinterpretazione di "Can't get it out of my head" degli ELO, peccato serva una cover per elevare il livello dell'album. "Grave Dancers", che nell'incipit richiama "Fall to pieces", stupisce per l'andamento soffice: il ponte chitarristico, lontano da inefficaci bulimie tecniche, lascia che il brano si schiuda nella sua lirica bellezza... questi sono, per chi scrive, i Velvet Revolver, dei rocker dal cuore tenero, che si esprimono al meglio su registri delicati. Da ricordare "Don't drop that dime", gradevole divertissement che chiude l'album, nella quale Scott Weiland offre prova di duttilità vocale, giocando ad imitare Bob Dylan.
Nonostante alcune cadute di stile, "Libertad" è un lavoro caratterizzato da tante inclinazioni: tra le sorprese viene intessuto un contesto musicale accomodante per le facoltà vocali di Scott, che può così giocare con registri differenti; in questa prospettiva il finale di "Get out the door" e la vocalità cooneristica di "Last Fight" sono calzanti... Slash... Slash risulta fuori luogo, con suoni meno "pomp" ed iperprocessati che in "Contraband", ma a disagio in una cornice musicale che punta alla classifica piuttosto che alla genuinità sonora ... e qui si possono aprire mille spiragli sulle le "differenze di vedute musicali": alla vigilia dello split dei GNR, si parlava delle velleità moderniste di Axl, di brani influenzati da Pearl Jam, NIN e Queen, mentre Slash non gradiva tali virate sonore. Tre lustri più tardi ritroviamo Axl con 4/5 brani (che fatica, eh?) che si riaccostano alle sonorità di "Illusion", e Slash affiancato da un'icona del grunge, alle prese con sonorità alternative, cover degli Electric Light Orchestra e brani da tre minuti e mezzo... per questi motivi Slash pare inserito a forza: i soli non mancano, ma non sono quelli lirici e melodici cui ci aveva abituati. Credo che la remuneratività del progetto sia una buona risposta alla sua presenza nel gruppo.
In generale "Libertad" si rivela una spanna sopra "Contraband" in termini di eclettismo, ma diversi gradini sotto di esso quanto a ispirazione: eccezion fatta per "Last Fight", elegantemente manierista, manca un brano trainante, come lo era "Slither" nel predecessore. ...io di libertà creativa in "Libertad" ne trovo poca...
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