Venegoni & Co - Sarabanda, 1979
Il polistrumentista milanese Gigi Venegoni, nacque come chitarrista nel grembo di Arti e Mestieri, dove, con il suo stile fluido e preciso contribuì non poco nel dare alla band di Beppe Crovella una connotazione decisamente internazionale. Quando la parabola del gruppo madre iniziò a discendere, in quel noto periodo di fine anni '70 nel quale il progressive italiano si sfaldava come un vecchio maglione di lana, Venegoni ebbe il geniale coraggio di promuovere la propria musica in un mondo musicale ormai dominato dalle onde di riflusso commerciale. Così, mentre alle radio imperversavano i falsetti dei Bee Gees e di Sylvester da una parte è le frattaglie di un punk col destino già segnato dall'altra, Venegoni con la sua band di jazz rock progressivo decise di proseguire, con innata e forse incosciente coerenza un discorso serio e ben poco commerciale. Per fortuna un'etichetta italiana all'epoca era molto attenta a certe realtà: la Cramps Record del fu Gianni Sassi, che pubblicò senza remore Sarabanda.
Il disco vede tre brani sulla prima facciata (parlando ovviamente dell'LP) e l'omonima lunga suite sulla seconda. Tutto è permeato da una appassionante atmosfera mediterranea, condita da sapori che solo determinate miscele strumentali sanno dare: chitarre acustiche con violini e percussioni tradizionali, handclapping e scacciapensieri, per far sì che il jazz rock, unito al folklore e alla tradizione diventi un atteggiamento di animata atmosfera, piuttosto che un freddo e calcolato mezzo di elegia onanistica.
Tutto scorre bene, dall'iniziale "Mediterraneo" con il suo travolgente movimento di chitarre e violini. In "Opa" e in "Balon" si assapora l'atmosfera del bazar arabo, del suq nordafricano tra voci rotonde, fischi e percussioni che invitano al movimento frenetico della taranta in una suggestione notturna, ma solare, evocativa di fuochi sulla spiaggia e di riti propiziatori di un tempo che non ci apparterrà più.
La band è straordinariamente affiatata e, con le chitarre di Gigi Venegoni, le magistrali parti di tastiere e di pianoforte del grande Ludovico Einaudi, rotolano sulle ritmiche complesse e rese affascinanti dal tocco leggero, preciso e coinvolgente del bravissimo e compianto Beppe Sciuto.
Inevitabile apprezzare il lavoro di studio e di continue prove e arrangiamenti del gruppo, lavoro durato due anni, che all'epoca erano veramente tanti, specie se spesi in maniera densa ed efficace, come nel nostro caso.
La suite "Sarabanda" raccoglie quanto di bello e interessante abbia saputo dare il jazz rock progressivo alla musica italiana degli anni '70, rammentando insegnamenti e indirizzi indispensabili di Perigeo, Arti e Mestieri, Area, ecc. Pochi episodi, in tutto quel panorama hanno saputo riassumere e condensare così bene un'atmosfera e uno stile sonoro che sarebbe poi sfociato in certe forme di world music correnti. Disco bellissimo, attuale e fondamentale.
sioulette
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