Verso taneto di gattatico, reggio emilia. 15.25

...sì c'è tutto. Ho controllato. Ho preso tutto, posso partire... Oggi è una buona giornata. Primaverile, solare, sembra voler promettere aspettative. So di aver sceso le scale, di aver posizionato armi e bagagli in macchina, ma la prima cosa che ricordo è il cd che parte, preparato per l'occasione, pensando al viaggio. Mi accorgo che fa caldo. E che questa tappa me la faccio da solo; il compagno di concerti di sempre questo sabato lavora. Ma mi piace guidare, cantare e stonare per i fatti miei, controllare ansioso tutte le uscite e gli svincoli su fondo verde, i nomi delle città, delle frazioni, delle gallerie, dei messaggi luminosi... lavori in corso men at work moderare la velocità ogni anno 46 morti per colpo di sonno fermati! forti raffiche di vento prossima stazione di servizio quarantatre chilometri notizie sul traffico 103.03 mhz... Sono solo e posso prendermi tutte le pause che voglio, fermarmi nelle piazzole di sosta per qualche foto, osservare la cima bianca delle montagne, concedermi al filmato che inizia a prender corpo nelle idee, comincia a crearsi spazio, prendersi le caselle di memoria necessarie per iniziarlo domani, quando sarà tutto in movimento nei ricordi e non nello sguardo incuriosito, mentre (adesso) cerco già l'attimo successivo a quello che mi passa davanti. Vado piano e controllo troppo spesso il contachilometri parziale per tenermi pronto alla prossima uscita. Grazie ai tracciati preconfezionati stampati dal sito delle autostrade anche il mio inesistente senso dell'orientamento riesce a sopravvivere; seguo ottusamente le indicazioni. Ma non si sa mai, i giri pesca son sempre in agguato... E canto e stono e vengono da sé le parole di vecchie canzoni che credevo rimosse. E invece sono sempre lì, ancora nitide. Ricordo per chi le pensavo o trascrivevo dove capitava, mi vengono in mente le tonnellate di cassette tdk che preparavo. E i concerti, tutti gli altri e gli altri viaggi. E c'è il sole... l'ho già detto che c'è il sole? E fa caldo. E sto bene.

“Fuori Orario”, Taneto di Gattatico. 19.28

Sono qui nel parcheggio davanti al locale già da un'ora. Taneto è una piccola frazione con un bar-alimentari (dove ho preso il panino per cena), una farmacia ed un altro bar. Tutto nel giro di cinquecento metri; gli altri edifici sono casette basse, tranquille. Poi qualche capannone. Mi rendo conto di essere arrivato fin troppo presto, ma a quest'ora a bologna ero già in coda, al freddo. Pazienza... mi godo lo sguardo stranito degli indigeni che scrutano una targa inusuale, un nuovo viso, mentre passano di qui in bici o in auto. O a piedi, con tutta la calma che può trasmettere un posto del genere. Si prendono il tempo di camminare qui. E di essere gentili con chi chiede informazioni, confuso e stranito dal silenzio che passa accanto, entra dentro. In silenzio, appunto. Sono qui nel parcheggio già da un'ora e solo ora sono arrivate due fanciulle in una macchina qualche metro più in là. Al posto del cappello di paglia o del girasole c'è un kermit gigante che sorveglia il bagagliaio per cui mi pongo il dubbio se semplicemente infatuarmi o innamorarmi di colei che ha scelto il ranocchio dei muppets come addobbo. Ma il dubbio svanisce presto perché oltre all'accento emiliano (bello, sciolto e dolce) si sente anche un vigoroso rutto provenire dalla loro macchina. Uno di quello coi fiocchi, goduto. Salute! Mangio il panino, le mandorle, la macedonia. Faccio una fitta raffica di foto a quello che c'è qui intorno, consumo in pochi minuti tutta la memoria disponibile. Una delle due. Mi lavo i denti mentre cala il sole e mentre faccio i gargarismi arriva un'altra macchina accanto alla mia; quasi mi sputo addosso per evitare di farmi vedere, per rispetto. Alla fine continuo, solo mi giro dall'altra parte.

Verso livorno, casa. 02.58

Sta quasi per finire anche il viaggio di ritorno. Dopo quello di andata sfumato subito, l'attesa e poi il concerto che adesso scorrono con altre inquadrature nella mia testa. Diverse da quella in soggettiva; soprattutto vedo gli altri che osservano me . Qui nell'autogrill è di turno rosalba a farmi il caffelatte. Assonnata, ma pronta, con le mani arrossate perché le lava in continuazione. Come lava il beccuccio del latte dalla macchina del caffè. Osservandola e scomponendo i suoi gesti rivedo i miei vecchi movimenti robotizzati, la preoccupazione di tenere il bancone pulito per farci appoggiare le mani, i gomiti, le persone, i pensieri. Piccoli accorgimenti per mettere qualcun altro a proprio agio. Mi incanto (mi succede, a quest'ora...) e non faccio a caso alle persone che accanto a me ordinano la colazione, o lo spuntino post-sbornia post-disco post-lavoro. Faccio caso ai loro accenti, ai loro modi di chiedere di essere serviti, a chi chiede per piacere, a chi no. Buonanotte, buon lavoro. Alla fine, anche se lo dico solo ora, il giro pesca l'ho fatto. È andata meglio del previsto comunque, perché il tragitto del ritorno non me lo sono stampato (idiota) e al buio l'inesistente senso dell'orientamento sfuma con gli ultimi rimasugli di lucidità. Al distributore dell'autogrill mi fanno notare che ho allungato di novanta chilometri, ma "ormai prosegui così..." Se non avessi paura di qualcuno che mi sfonda il vetro mentre dormo mi fermerei qui, ma voglio tornare a casa, risvegliarmi nel mio letto. Quindi riparto e l'ultima sosta la faccio in galleria, nella piazzola d'emergenza, per lavarmi i denti con un pò di luce mentre scorrono via veloci le altre macchine. Inedito e a suo modo suggestivo.

Post scriptum

Doveva essere il resoconto di quanto fossero stati bravi a suonare i Verdena, di quanto mi fossi agitato nella promiscuità, sotto il palco, a un metro dal toccarli, nel sudore, nelle corde vocali, nel dolore che oggi mi rimane per tutte le botte date e ricevute. Mi basta dire che è stato bello, davvero. E che c'è stata una “Dentro sharon” immensa. Ho perso il controllo. Non ero lì, ero più su. Ancora più su. Proprio dove ho scoperto quanto ero contuso, confuso e felice. Fortunato, per tutto.

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