Già nel periodo post "Requiem" mi domandavo: "ma ora, cosa faranno? potranno evolversi ancora di più?"

Ricordiamo che quel disco fece affacciare per la prima volta il trio su lidi prettamente Sixties/Seventies, facendo sviluppare anche l'ambient noise-post rock di "Solo Un Grande Sasso". Bonham nella mente di Luca, Entwistle in quella di Roberta e "Starsailor" di Buckley nella testa di Alberto. "Wow" non fece altro che smentire la paura di una ripetizione convenzionale, semmai potessero scendere in studio con questo proposito, e di allargare il sound con synth e cori. I riferimenti sono chiari alla psichedelia americana, e come vediamo nei due volumi di "Endkadenz", sono stati capaci di suoni realizzati da pochi lungo lo stivale italiano.

I cosidetti "alti e bassi" sono mistificati da cambi di rotte, evoluzioni o semplificazioni, ma comunque sia tessendo uno spirito sempre diverso di album in album. Non si può dire se ci sia stato un miglioramento e una crescita dall'omonimo primo disco a oggi, perchè c'è sempre un cambiamento, una nuova rotta, che illusoriamente ci abbindola fino a un nuovo lavoro. Giocano molto anche sui simboli: "Wow" è un doppio e ora ci deliziano con due volumi, fatti uscire nella distanza di sei mesi più o meno, conferendo suspence ai concerti del tour del primo volume.

Nell'aria c'è un revival degli anni Settanta, forse è moda, forse è business, forse sono solo soldi che diamo alle marche di jeans e maglioni a righe, ma il trio bergamasco ha trovato un nuovo 'stakanovista' alle tastiere e ha incentivato il "buono" del panorama nostrano. Rispolverano "Anima Latina" di Battisti, "Aria" di Alan Sorrenti, Neil Young e Country Joe & The Fish. La struttura è simile al volume uno: ballate, pezzone tirato alla "Was?" e reminescenze nei riff di Pixies ("Troppe Scuse") e Muse "Cannibale"). Nel primo volume non è presente solo uno sguardo al passato, ma c'è il voler superare il Thom Yorke più vicino al downtempo ("Funeralus" e "Alieni Fra Di Noi") e vari suoni del tutto nuovi in casa Verdena, come il drum kit in "Sci Desertico".

Credo profondamente che sia sbagliato fare paragoni, classifiche e similitudini quando si ascolta musica, specie quell'ossessivo complesso di inferiorità che noi italiani sentiamo verso i prodotti oltreoceano. Qui non c'è la voglia di superare le vette di Jeff Buckley o di sentirsi fighi nel riprendere gli arabeschi degli Area. Stiamo nel 2015, un periodo, come tutti gli altri, con pro e contro, dalla politica, alla società fino al creare arte in senso generale. I Verdena ci tengono fermi, per altri due o tre anni, alle sperimentazioni di "Dymo", al beat di "Un Blu Sincero", all'effetto eccelso del coro finale di "Lady Hollywood" e a "Fuoco Amico II", che dovrebbero sentire i Melvins e Iommi.

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