Sono passati alcuni mesi dall'uscita di "Requiem" dei Verdena, disco che ha cercato di creare una netta frattura con tutta l'opera del passato. La copertina è più che eloquente e mostra i volti dipinti e invecchiati su uno sfondo oscuro.

A forza di ripetuti ascolti si riesce a dare una valutazione globale, riuscendo a notare anche piccole sfumature che solo in apparenza risultano marginali ai brani. Il disco è ricco di citazioni a gruppi, autori, album che ruotano ormai dal 1997 intorno alla sfera del trio bergamasco. Non solo Nirvana e Motorpsycho come i più maligni e gretti recensori sottolineano; un universo che gravita intorno ai Kyuss più che ai Queens of the Stone Age, ai Pink Floyd di "The Piper at the Gates of Dawn", ai Beatles del "White Album", ai Radiohead più sperimentali.

Il disco è pesante, lungo e a passo continuo, intervallato qua e là da piccoli intermezzi per lo più strumentali che ci permettono di prendere un po' di aria. Se in "Angie" e "Trovami Un Modo Più Semplice Per Uscirne" Alberto e co. tentano con buon esito di scrivere delle ballad dal sapore retrò, in "Non Prendere L'Acme Eugenio" e "Il Gulliver" riescono a dilatare ulteriormente le loro jam strumentali ricche di richiami ai gruppi psichedelici e ad un certo kraut rock, di cui si sono perse ormai le tracce ai giorni nostri. "Muori Delay" è chiaramente un pezzo seventies, giocato sugli acuti e su un riff che vagamente fa tornare alla mente quello di Spoonman.

I Verdena, contrariamente a quello che in molti pensano, sono un gruppo originale che ha saputo trovare una propria vena compositiva partendo da tutti i dischi che inevitabilmente influenzano la vita di ognuno, senza per forza dover scimmiottare il "Tal dei tali" complesso, cosa che succede sistematicamente in Italia. In "Requiem" riconoscono i proprio difetti, soprattutto quelli vocali (pur piacendomi lo stile è chiaro che non siamo di fronte a un Buckley) e i loro pregi (il drumming di Luca e la capacità di riuscire a creare una perfetta intesa tra rumore/melodia). Sul primo punto hanno lavorato magistralmente facendosi aiutare da controcanti e doppie voci, oltre a tutti i vari effetti ottenuti soprattutto con i synth; sul secondo punto la produzione di Alberto Ferrari ha evidenziato l'abilità del fratello e il forte impatto sonoro dei tre bergamaschi.

E' un'opera che si potrebbe riassumere con questa citazione: "Per troppi anni abbiamo vissuto alle spalle del successo e delle aspettative di chi ci stava intorno, dovendo patire le inevitabili critiche che il vendere e diventare un personaggio pubblico comporta. Ora siamo cresciuti e abbiamo intenzione di  fare quello che vogliamo, senza la pretesa di essere i nuovi beneamini di un oceano di persone o di un'accozzaglia di teenager".

Consiglio l'ascolto a chi li reputa un prodotto di MTV, un inutile cover band dei Nirvana, il peggio, a chi li critica (come chi criticò all'epoca "Hai Paura Del Buio?", che personalmente reputo grande ma inferiore a questo LP). Requiem, un capolavoro.

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