Come il fantastico albero viola della splendida copertina affonda le sue radici in un "fertile terreno", Donovan Quinn trae ispirazione dalla tradizione folk psichedelica anglo americana a cavallo fra 60 e 70 filtrandola con una sensibilità figlia della scena neo psichedelica germogliata a metà anni 80's. Le canzoni di "The Telescope Dreampatterns" riportano alla mente il "folk underground" del passato, come non citare l'Incredible Strin Band, il folk tagliato con elettrica psichedelia, mi vengono in mente i sotterranei Fresh Maggots, echi di Syd Barrett e facendo un salto avanti nel tempo Greg Ashley, un grezzo Robyn Hitchcock in dimessi abiti folk , un morbido Anton Newcombe, ma tanti sono i nomi evocati da questi suoni

Il linguaggio usato è quello psicho folk, ma non siamo in territori di pura nostalgia, le canzoni sono moderne, vibrano di un'attuale elettricità, indossano moderni abiti lo-fi, sicuramente non di una sartoria dei 60. Sono costruite con  chitarre che non disdegnano dolci distorsioni, organo, flauti, siparietti esotici , percussioni e una voce molto simile a uno strascicato Dylan. L'atmosfera è surreale, riverberata, onirica, trippy ma al contempo fisica, garage. Donovan Quinn ha fatto con il psicho folk dei 60 un'operazione di attualizzazione per certi versi simile a quello che hanno fatto i Plasticland con la psichedelia inglese. Una bella riverniciatura lasciando riconoscibile il telaio.

30 minuti consigliati a chi ama la psichedelia, il garage folk, il passato senza esserne totalmente dipendente.

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