Lento incedere, malinconia grumosa. Lungo piano sequenza in bianco e nero; cupa, densa, oleosa ambient, rischiarata da sporadici granuli spirituali. Pesanti drappi di velluto scuro avvolgono i ricordi, deformandoli. Immobilità.

Nell’ indolenza della domenica mattina, appoggiati al davanzale, osserviamo la pioggia che scroscia. Le viuzze della città sono ammantate di nebbia; filtra, a fatica, la luce di qualche lampione solitario. Immobilità.

La luce bianca ed eterea di Obmana sui fondali neri e materici di Rosenthal. Ombre antiche.

Sintetizzatori rallentati, pastosi droni elettronici color malva scavano nel nostro inconscio. Memoria distorta, artificiale madeleine proustiana, ricordi forse soltanto immaginati: le fusa del mio gatto, il sigaro di mio nonno, le mie impronte sulla neve fresca. Immobilità.

Sdraiato sul divano guardo il soffitto con fissità. Nel dormiveglia scorgo volti dimenticati; sfilano uno ad uno e tutti mi sorridono enigmaticamente. Sfumano in vaporose volute di fumo mentre la mia mente, vinta dal sonno, si offusca. Immobilità.

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