Può il folk da balera dalle ritmiche "polka" fondersi con un suono ferocemente metallico? Per il quartetto finlandese la risposta è senz'altro affermativa.
L'ultima fatica del combo nordico continua l'epopea di album intrisi di atmosfere reminiscenti l'"iskelma" (musica popolare) finnico, abilmente sorrette da un chitarrismo solido, corposo, stravagante unione tra un riffing molto Sabbathiano e leads di matrice country-rock.
Abili mestieranti i Viikate ci propongano nove tracce coinvolgenti, ritmicamente agili, effluvio costante di note tra il soffuso-malinconico ed il rabbioso-energico dove il cantato si staglia a statua narratrice di racconti misteriosi. Proprio le vocals costituiscono l'elemento di contrasto con il resto del panorama metallico di molti famosi conterranei grazie anche all'utilizzo dell'idioma nazionale, che perfettamente si adatta alla proposta dei nostri. Il trittico d'apertura lascia di stucco per immediatezza e senso della melodia, in continua progressione verso refrains folkeggianti di facile presa sorretti da un guitar-work semplice, senza fronzoli che fà dell'essenzialismo armonico il suo punto di forza.
"Unholan Urut", "Pohjoista Viljaa" e "Nämä Herrasmiehet" rappresentano infatti l'anima della band, dolcemente protesa verso arpeggi ombrosi e nostalgici ma mai dimentica del granitico impatto hard-rockeggiante, infilzando i padiglioni auricolari con riffs abrasivi e ritmiche veloci. Attenzione comunque a non confonderli con altri compatrioti al pari di Teräsbetoni o Ensiferum, qui la stereotipata attitudine metallica viene sostituita da un sincero interesse verso la musica popolare, esulante concetti goliardico-esasperati che si rivelano pomposi e fuori luogo negli artisti da me menzionati.
Tra i pezzi a seguire sento d'obbligo la menzione per l'anthemica "Ajakaa", perfetta fusione tra chitarre d'impatto ed un chorus al vetriolo, e la radiofonica "Tie" dalle trame folk-rock impreziosite, ancora una volta, da un cantato pieno, corposo, sentita narrazione carica di originalità. La chiusura si affida alla dolcezza di "He eivät hengita", soffice ballata reminiscente uggiose nottate ottobrine, interamente sospesa tra l'incessante arpeggio della sei corde ed una voce profonda dall'esotismo seducente.
Un album per palati fini che risveglia l'amore genuino verso le tradizioni musicali delle proprie terre, prodotto con classe e certamente non destinato alle masse di fans dal "facile boccale". Cultura ed intellligenza per un patchwork sonoro fuori dai canoni.
Per pochi.
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