So per certo che c’è almeno un’ altra recensione su “When”, di Vincent Gallo. Ma voglio dire la mia lo stesso. Quando penso a Vincent Gallo, immediatamente mi viene in mente l’artista Mark Ryden e le sue tele bizzarre, non so perché, ma a mio parere c’è una correlazione, una somiglianza tra queste teste strane. E se mi soffermo ancora sulla sua persona, mi vengono in mente faccette di coniglietti impauriti, un ritratto su olio di Christina Ricci (chissà perché, eh?), mi vengono in mente i King Crimson di Moonchild, mi viene in mente un amore svanito nel tempo, e una strada statale, con un arcobaleno in fondo, sintomo che, probabilmente, laggiù, la vita è migliore che qua.
Ascolto quella voce flebile, intonata e sempre in equilibrio su un filo invisibile, quella voce così vagamente affine ad un Jeff Buckley (con qualche tono di voce in meno però!) e penso che è proprio bravo, questo attore a cantare. Ma è anche bravo a dirigere i film, questo attore che è bravo a cantare. Ma torniamo alle sonorità di When.
Il disco si apre con quattro minuti di un sax incastrato in un mellifluo loop: la traccia è dedicata ad una ragazza, che probabilmente, dopo una notte di sesso a Parigi, Vincent non ha più rivisto, e questo è il contentino, ma senza parole cantate. Arriva subito dopo “When”: altri 4 minuti e passa di abbondante e trascinante malinconia, una canzone che trasmette estraniazione, e fa percepire un malessere interiore. Con la terza e quarta traccia torniamo allo strumentale, sempre molto d’ambiente, sempre musica che in qualche modo “riscalda”, e ti sussurra qualche cosa di piacevole, io la definisco “musica soffusa da quattro chiacchiere in salotto con luci basse mentre fuori piove e fa freddo”.
Il disco prosegue con le altrettanto delicate e quasi soporifere “Honey Bunny”, “Laura” e via seguendo, più o meno sulla stessa intensità, la penultima è “Yes I’m Lonely”, ed è, a mio parere, la più bella canzone che contiene questo disco.
Nel complesso, mi sembra comunque un buon disco, abbastanza raffinato e, sicuramente, per palati fini, un po’ disco da “pochi” e forse pure un po’ fighetti, ma comunque un bel disco nel complesso. In ogni modo, Vincent suona bene la chitarra, anche se, per tutta la durata del disco, non ne fa mai un uso, per così dire, virtuoso. C’è da dire anche che, viste anche le precedenti esperienze musicali di alcuni volti noti del cinema americano, Gallo quanto meno si eleva di gran lunga, rispetto a questi suoi colleghi, senza ombra di dubbio. E’ un disco che consiglio di ascoltare, tuttavia, al di là di qualsiasi giudizio Vincent Gallo possa suscitare negli altri ruoli che interpreta nella sua vita.
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