Un viaggio alle origini del blues, per capire il contesto sociale, culturale ed umano in cui la musica del diavolo si è sviluppata, fino ad assumere la forma che oggi conosciamo.
Un viaggio il cui scopo è quello di dipanare le nebbie che avvolgono i primi vagiti del blues, per capire il dove, il come, il quando e il perchè, senza lasciare spazio alle leggende, suggestive quanto volete ma pur sempre leggende.
Un viaggio che inizia in Africa, dove si rinvengono i primi germi di quello che diverrà il blues, prima della tratta degli schiavi verso le piantagioni del Sud, e che giunge a compimento negli anni '30, con quello spartiacque che risponde al nome di Robert Johnson, quando le radici hanno ormai attecchito saldamente nella melmosa terra del Delta. Non si tratta quindi del blues di Muddy Waters, di B.B. King o di Buddy Guy, ma di quello di Bessie Smith, Ma Rainey e delle altre grandi cantanti del blues urbano degli anni '20, quando blues e jazz andavano ancora a braccetto, di quello di Skip James, Son House, Charley Patton e dei grandi del Delta, ma anche di quello degli innumerevoli anonimi braccianti delle piantagioni, coloro che avevano tutte le ragioni del mondo per cantare dei propri "blue devils".
Martorella ha il merito di riuscire a scrivere un saggio che si legge piacevolmente, destreggiandosi fra le diatribe coinvolgenti i tanti sedicenti inventori del blues, ricostruzioni storiche rigorose, innumerevoli ritratti di artisti più o meno fondamentali, interessanti analisi tecniche sullo sviluppo della struttura armonica, metrica e lirica del blues.
Un libro che tratta, potremmo dire, della preistoria della musica moderna, attribuendo al blues lo status di musica "classica", vista e considerata l'enorme influenza che le dodici battute hanno esercitato sulla musica del ventesimo secolo, e che lo fa con una passione ed una competenza che lo rendono una lettura succulenta per tutti gli appassionati di questo genere musicale così affascinante.
Carico i commenti... con calma