I Violator, quartetto di Brasilia, quando nell'Ottobre del 2006 hanno deciso di sfornare il loro primo full-lenght penso abbiano voluto sottolineare pesantemente che esiste ancora chi è capace di spaccare, distruggere e divertirsi rifacendosi alla vecchia scuola del Thrash della Bay Area e soprattutto senza preoccuparsi di logiche di mercato.

Supportati da una piccola e cazzutissima etichetta underground, questi cinque pivellini poco più che ventenni confezionano questo impressionante lavoro di potenza compattata, compressa, veloce e sempre aggressiva, che, se fosse uscito negli anni d'oro del Thrash, non avrebbe indubbiamente sfigurato al fianco di lavori come 'Bonded By Blood' degli Exodus, 'Forbidden Evil' dei Forbidden e 'Fistful Of Metal' degli Anthrax, e l'operazione nostalgia dei cinque, oltre ad essere lodevole per i sopracitati motivi, è anche un pugno nello stomaco continuo.

Pedro Capaca sforna, infatti, con una facilità incredibile e, direi, quasi disarmante una serie assassina di riff d'altri tempi, senza cali di ispirazione, delle pure rasoiate insolenti che sorrette da una instancabile batteria schiacciasassi frastornano e istigano al più sfrenato headbanging.
"Atomic Nightmare", "UxFxTx (= United for Thrash)", "Destined to Die" e "Addicted to Mosh" con i loro stacchi mosh da cardiopalmo e la voce isterica e possente del leader bassista e vocalist Pedro Poney Ret e i loro riff sanguigni e furiosi costituiscono un biglietto da visita bastardo, quanto di più serrato le vostre orecchie abituate al Thrash d'annata possano augurarsi. Un incipit da perder il fiato.

Il resto del materiale del platter mantiene i massacranti ritmi delle prime quattro tracks e tocca il vertice della potenza e della ispirazione in " Brainwash Possession", "Toxic Death" e "After Nuclear Devastation", lasciando spazio ad una inaspettata strumentale "Ordered To Thrash", che contiene una sorta di monito/consiglio o una speranza a tutti i thrashers. Infatti, unica parola cantata è "thrash", come a dire che non è mai morto e i Violator lo suonano incontaminato, nudo e crudo.

I testi che affrontano le tematiche tanto care ai sani Thrashers, al loro stile di vita e ai problemi della società - e dunque non certo il massimo dell'originalità -, l'artwork diremmo stradaiolo, la gestione dei suoni non troppo puliti, con la batteria non amplificata nel mix finale in modo da non attutire l'urto sonoro delle chitarre e, da ultimo, la produzione finiscono per completare l'operazione nostalgia messa in piedi da questi pischelli verdeoro.

Consigliato vivamente a chi vuole tornare sì indietro nel tempo e ruotare la sua testolina matta, ma rimanendo comodamente a casa sua e soprattutto nel 2007!

See Ya!

Carico i commenti...  con calma