La delusione è tanta. Per chi è "cresciuto" sotto le asce dei Virgin Steele, per chi ha amato i loro primi dischi, l'ultimo bruttissimo "The black light bacchanalia" ha travolto come uno tsunami la credibilità che DeFeis & Co. si erano guadagnati con anni di esibizioni live e platter seminali nati tra mille diverse difficoltà.

Come spesso accade quando l'ultimo lavoro di qualcuno risulta mal digerito, si torna indietro a "ripassare i primi" o comunque quelli che più di altri hanno lasciato il segno, chi per importanza, chi per attaccamento personale. E' questo il motivo che mi ha fatto ripescare dalla pila dei cd dimenticati "Life among the ruins", il quinto parto in casa Steele.

Sarà stato il caso ma quello che mi sono ritrovato tra le mani è probabilmente il disco più controverso dei quattro americani. Pubblicato a ben cinque anni di distanza dall'ottimo "Age of consent", il disco in questione si distacca per sonorità da qualsiasi altro album dei Virgin Steele. Ha poco o nulla in comune con gli esordi di heavy metal grezzo della band e poco o nulla di simile anche all'epicità dei due "Marriage of heaven and hell" e all'ampollosità delle ultime uscite. David DeFeis ed Edward Pursino, rispettivamente cantante e chitarrista e soprattutto i due personaggi più influenti stilisticamente all'interno degli Steele, decisero che il ritorno sulla scena doveva essere un qualcosa di nuovo per il combo. E così nacque "Life among the ruins", primo (e unico) album di hard rock dei Virgin Steele.

Non si sa con precisione cosa sia successo a DeFeis in questi lunghi cinque anni, ma qualche delusione sembra averla avuta perchè torna ricorrente il tema dell'amore. Esso è il soggetto delle splendide ballate "Love is pain", "Cry forever", "Last rose of summer", "Wild fire woman": tutte caratterizzate da una miscela di melodia, hard rock ed improvvise esplosioni AOR. Non mancano episodi più energici come "I dress in black" e "Too hot to handle": discreti pezzi di hard rock classico dove la voce di DeFeis di adatta e si modula a meraviglia sulla scia delle song. Tutt'altro spessore rispetto agli ultimi tempi...

Certamente Life among the ruins non è il cd più riuscito dei Virgin Steele. Non è stilisticamente nelle loro corde, anche se è venuto fuori un ottimo risultato. E'acerbo, ci sono parti da "smussare", ma pur nella sua non completa riuscita lancia dei segnali: nel 1993 la pubblicazione di questo album dava comunque conferme sul futuro della band. Oggi dopo il lassativo intitolato "The black light bacchanalia" i tempi a venire sono oscuri: c'è la consapevolezza che gli anni d'oro degli Steele sono ormai andati e non torneranno.

1. "Sex Religion Machine" (4:43)
2. "Love Is Pain" (3:53)
3. "Jet Black" (4:14)
4. "Invitation" (1:16)
5. "I Dress In Black" (4:46)
6. "Crown Of Thorns" (6:28)
7. "Cage Of Angels" (0:55)
8. "Never Believed In Goodbye" (4:23)
9. "Too Hot To Handle" (4:39)
10. "Love's Gone" (4:29)
11. "Wild Fire Woman" (4:43)
12. "Cry Forever" (4:32)
13. "Haunting The Last Hours" (0:54)
14. "Last Rose Of Summer" (4:19)

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