Dopo lo scioglimento dei mitici Ved Buens Ende, capostipiti del "Fusion-Black Metal" (definito spesso -erroneamente- Avant-Garde Metal), il polistrumentista Carl-Michael Eide, sebbene impegnato costantemente in gruppi quali Dødheimsgard e Cadaver, decide di formare un proprio side-project assieme al bassista Petter Berntsen (ex Audiopain) e al batterista Einar Sjurso (ex Beyond Dawn, Infernö), i Virus.

"Carheart" (2003) è un album che innanzitutto dev'essere capito. L'ascoltatore si troverà davanti ad un nuovo tipo di musica, un sound inclassificabile, e dovrà decidere se continuare nell'approfondimento o abbandonare. Queste sonorità grezze, soprattutto a chi non è assiduo ascoltatore di Black Metal/Avant-Garde Metal, sono piuttosto dure da mandar giù. Ma quando l'orecchio avrà carburato, giuro vi stupirete della genialità di questi tizi.

Chitarra, basso e batteria si sentono distintamente, ma nel tempo stesso coesi in maniera sublime. Dimostrazione: "Road", forse la più bella canzone del disco. ? Come se i tre strumenti lavorassero per musiche diverse, ma formando nell'insieme un'opera completa!

I loro assoli non sono mai mostruosamente tecnici e prepotenti. Ad esempio, gli assoli di chitarra e di basso in "Gum Meet Mother" sono semplicemente eccezionali, nonostante siano poco appariscenti: questo secondo me è uno dei pregi più importanti che contraddistingue la band. Il loro Metal "jazzato" è unico.

Infine, la (poco presente) voce roca di Eide, che mischia uno Pseudo-Growl a un Crooner falsettato, è azzeccatissima. 

Ergo, un album davvero maestoso. Lo consiglio fortemente, anche a chi non apprezza il Metal in generale.

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