Kuprij:tastiera=Malmsteen:chitarra

Con questa proporzione si può rendere bene l'idea del personaggio Vitalij Kuprij: ogni cosa che Malmsteen fa sulla chitarra, il buon Vitalij la ripete sulla tastiera. Malmsteen suona 10.000 note al secondo? Idem per Vitalij. Malmsteen ama Bach, Vivaldi e Paganini? Idem per Vitalij. Vi è antipatico Malmsteen perché suona all'infinito sempre le stesse cose? Sicuramente vi sarà antipatico anche Vitalij. L'unica cosa che sono sicuro è che il grosso e grasso svedese avrà guadagnato tanti di quei soldi che 100 Vitalij non riuscirebbero a guadagnare, ma questo, si sa, che è l'unica cosa che due persone dal medesimo modo di intendere la musica non avranno mai in comune.

Molti già saranno pronti per sbeffeggiare con pentolacce, mestoli, campane e cani sciolti, tuttavia starei attento perché quando Vitalij Kupri sveste le camicie Luigi XIV per vestire in frack diventa un apprezzato pianista classico tra i più quotati in Ucraina, suo paese di origine, ed apprezzati come esecutore di Chopin. Ma è nella sua veste da metallaro che noi vogliamo recensirlo e soprattutto in quella solistica e magari delle sue creature in gruppo, gli Artension ed i Ring of Fire, ce ne occuperemo in altra sede.

Questo High definition vede la luce nel 1997, sotto l'ala protettiva di Mike Varney, che in quanto scopritore di talenti dalle dita veloci non è secondo a nessuno. Gli viene affiancato (o imposto chissà) in qualità di chitarrista e bassista Greg Howe mentre alla batteria Jon Doman, altri fedelissimi della Shrapnel di Varney. Howe è un chitarrista dall'estrazione prettamente fusion ma qui si adatta, veramente bene, alle fughe neoclassiche di Kuprij, alternandosi, sovrapponendosi e viaggiando insieme alle dita funamboliche dell'ucraino.

La prima quaterna di brani (Beyond infinity, High definition, Symphony V, Divided world) è un'apnea interminabile di virtuosismi, un torrente impazzito di note che vi travolgerà senza darvi la possibilità anche solo di riprendere fiato. Non dimenticando che è soprattutto un pianista classico, Vitalij ci ripropone un adattamento per solo piano della Sonata in A minore di Mozart che rappresenta una vera oasi di pace a cui abbandonarsi dopo la nefasta orgia iniziale. Il capriccio n. 24 di Paganini viene reiterpretato nel brano successivo Opus 1 con il tema dialogato tra chitarra e tastiera ed alternato a strutture tipiche del progressive metal più canonico. La terna finale (Why, Parallel in time, Silent destiny) ripercorre i sentieri iniziali tra sfuriate onanistiche e momenti più rilassati di chiaro stampo classico.

La qualità audio non è il massimo, la batteria è impastata e la tastiera sovrasta la chitarra che sembra una zanzara lontana, tuttavia per chi apprezza certe evoluzioni musicali questo disco risulta imprescindibile.

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