Penso che i Moon Duo non mi siano mai piaciuti veramente fino in fondo: sicuramente sono un gruppo (più precisamente a tutti gli effetti un duo, anche se in alcune performance dal vivo si esibiscono in formazione allargata) che ha un certo groove e un bel sound acido e easy-listening. Ma li ho sempre trovati ripetitivi e alla fine mi sono convinto che per Erik "Ripley" Johnson la cosa fosse più una specie di divertissment per staccare dal vigoroso suono Wooden Shjips che abbiamo potuto ammirare nel corso degli anni. Poi a un certo punto oggettivamente il sound della band ha cominciato a perdere colpi o almeno Johnson ha cominciato a perdersi dietro nuove soluzioni che poi sono culminate in questo mezzo disastro che è l'ultimo disco ("V.") uscito su Thrill Jockey Records negli ultimi giorni.

Così alla fine succede che in un confronto ideale (non che questo sia necessario) tra l'ultimo disco dei Wooden Shjips e il primo disco di Vive la Void, nuovo progetto solista di Sanae Yamada, partner di Johnson (tanto nei Moon Duo quanto nella vita), il confronto venga vinto nettamente dal secondo. Registrato con l'assistenza dei tecnici Jonas Verwijnen e Phil Manley, il disco è uscito in aprile per la Sacred Bones Records e effettivamente funziona benissimo. Leggendo le dichiarazioni di Sanae sul disco, che definisce come una raffigurazione dei suoi ricordi dando a questi una amplificazione degli aspetti emotivi con un sound che fosse allo stesso tempo tanto spettrale quanto comunque in qualche modo minimale e ossessivo e con quelle stratificazioni tipicamente kraut. Il risultato è un disco oggettivamente sorprendente, perché è bello e che seppure in qualche modo ripetitivo, ti tiene sulla corda dall'inizio alla fine.

Gli aspetti che colpiscono sono probabilmente due: il primo è la qualità dei suoni. Chiamatelo kraut-rock (chiaramente paga devozione ai soliti Krafwerk) oppure synth-pop, queste sono solo definizioni, perché in fondo in un disco costruito interamente sul suono dei synth poi molto spesso quello che conta più di tutto sono proprio questo tipo di scelte; secondariamente colpisce quella contemporanea presenza di una certa serietà per quello che riguarda i testi e interpretazioni vocali che sono quasi solenni e con questo "accento" diciamo tanto più sottolineato dall'uso di vocoder e riverberi e che contrasta con una certa giocosità inevitabile delle composizioni fatte di lunghe e prolungate onde sonore e loop motorik sintetici. Non c'è che dire, siamo davanti a un bel disco e migliore forse dei vari Moon Duo e degli ultimi lavoro di Johnson, che si è effettivamente un po' perso e forse farebbe bene a ritornare a quella forma più legnosa e autentica con cui abbiamo imparato a conoscerlo. Sanae, invece, brava, bravissima.

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