Vuoi mettere cosa si poteva provare ad accendere un Marlboro rossa in pacchetto morbido proprio lì una ventina di anni fa, in mezzo al Nevada alla guida di una Cadillac instancabile per una statale alla ricerca di chissà cosa nel bel mezzo del deserto, rispetto ad accendere la stessa sigaretta al giorno d'oggi qui a Milano?
'Rev It Up' è un disco che fa insorgere il desiderio irrealizzabile di avere a disposizione una macchina del tempo e puntare dritti al 1990, nel giorno di uscita di questo stesso album. Perchè sarebbe stato assolutamente bello quella mattina vestirsi e indossare stivaloni di coccodrillo speronati, jeans sbrandellati, magliettaccia dei Motley Crue, e poi cotonarsi i capelli da far schifo, fissarli con lacca a dire basta, mettersi un orecchino lungo con la croce e partire alla volta del primo negozietto di dischi tutto da spulciare per comprare questo disco e poi partire in auto alla volta di un posto lontano da tutto, che sapesse di U.S.A., quelli del rock, quelli che hanno davvero cambiato qualcosa nel mondo.
'Rev It Up' è (o meglio, dovrebbe essere considerato) un pezzo di storia dell'hard rock radiofonico statunitense, ricco di significativi barocchismi glamour, adornato da ridondante pomposità e fatto ad arte come pochi altri album del genere. Le Vixen, band tutta in rosa con Roxxy Petrucci (Petrucci Petrucci!) alla batteria, erano quattro ragazzone dalla non sconvolgente bellezza, ma dotate di gran senso della musicalità, dell'armonia, dell'orchestrazione tra gli strumenti, e dell'artigianalità insita nelle mani e nelle corde vocali di chi a quell'epoca faceva rock in America. Avevano iniziato con un album omonimo e di discreto successo, un paio di anni prima. 'Vixen' era un disco rozzo, prodotto non troppo bene, ma degno della scena californiana dei primi periodi in cui veniva fuori prepotentemente la verve pesante dei giri di chitarra alla Lee Aaron delle prime uscite mista a quella tipica voglia eastcoastiana/bonjoviana di fare della melodia un' arma vincente. Solo due anni dopo le nostre escono con 'Rev It Up', e qui si cambia musica. Ben supportate dalla loro casa discografica, le nostre producono questo sogno rock a quattro ruote (anche se nella copertina appare una moto) che ti invita a montare su e fare un giro nella sintesi di dieci anni di lacca e rossetto in pompa magna. Nostalgia di anni in cui c'ero, ma non potevo capire!
'Rev It Up' è la seconda release (dopo ce ne saranno altre, ma con notevoli e poco piacevoli cambi di stile e line up) delle Vixen che hanno avuto la sola sfortuna di nascere troppo tardi (questo si dice per molti gruppi, come ad esempio i Bad English, ma in questo caso è stata una sfortuna per le nostre orecchie davvero) e di stagliarsi inconsapevoli nel panorama di un genere che stava andando a disintegrarsi contro qualcosa di ruvido e pregno di voglia di distacco. Ma è un lavoro che va valutato moltissimo per tutta la personalità che esprime, molto femminile e maschia allo stesso tempo, e per la sua capacità di chiudere in soli due steps quanto c'era da dire e dare ancora al rock di quegli anni. E allora via per un ultimo trip verso il cuore degli States, via a motore tiratissimo, via e lontano sulla rullata di batteria dell'opener/title-track Rev It Up che trasuda melodia tastierosa e ottimi riff di chitarra. I ponti pre chorus sono di bonjoviana memoria, mentre il ritornello è di tipica manifattura Vixen. Quello che pizzica la pelle sulla schiena, ascoltando questo brano, è l'immediata sensazione di sconfinamento in qualcosa di assolutamente libero. Tanta voglia di non avere pensieri, di avere magari una storia da vivere a cento all' ora, di farsi incorniciare la vita in un quadretto fatto di bubble gum e boccali di birra impugnati da mani splendidamente ingioiellate. Senza dimenticare quel riff di base che porta l'ascoltatore coi piedi per terra, ma con la testa in un clubbino del Sunset Boulevard. Stesse descrizioni valgono per altre songs tipo la successiva How Much Love, costruita sulla stessa linea ma messa giù con una creatività niente male. Qualcuno potrebbe dire " qui c'è la mano dei Bon Jovi". Io dico che in teoria si, ma in pratica no… si sente troppo il timbro Vixen.
Il terzo brano merita qualche parola a parte. "Love Is A Killer" eleva questo album al rango di capolavoro del genere. Una ballad struggente, rabbiosa, ariosa, triste in fondo, piena di malinconia. E' come se ad una ragazza estremamente passionale avessero portato via l'uomo della vita. E' come se questa ragazza tirasse fuori tutto l' orgoglio che ha dentro per rivendicare la propria indipendenza e urlare al mondo che l' amore è uno schifo… mentre in fondo lo sogna ancora. L'accompagnamento di piano alla splendida voce della cantante e all' incedere degli strumenti è molto azzeccato ed accattivante. Ritengo che sia una canzone da ascoltare a priori.
Poi, con "Not A Minute Too Soon", si ritorna ad un rock pomposo e brillante, tipica canzone da post sesso dopo una prestazione da incorniciare. Ottimo il lavoro di tutte specialmente di chi occupa chitarra e tastiere, mentre già qui non si hanno dubbi sulla grandiosità di una voce carnosa e stridente insieme, piena di corpo, capace di raggiungere apici lodevoli e bassi che sanno di blues. "Streets In Paradise" è una canzone a vele spiegate come se ne sono sentite tante, tipico rock n'roll da battaglia infarcito di melodie che prendono l' anima e di un refrain che ti viene voglia di essere ad un mega concerto da stadio per cantarlo tutti insieme e farlo arrivare al mondo intero. "Hard 16" strizza l' occhio al lavoro precedente, mostrando una pulizia che prima non c' era e una cura del sound inusitata. Un piccolo inno per teen agers, che arricchisce la proposta musicale di Rev It Up. "Bad Reputation" è sleazy e stradaiola, sembra che testo e musiche siano stati rubati a qualche graffito metropolitano. "Fallen Hero" incalza l'asoltatore e lo mette con le spalle al muro, sempre producendo pregiate vibrazioni di rock graffiante, e meriterebbe criniere sciolte al vento come accompagnamento. "Only A Heartbeat Away" piace come le prime due songs, mentre "It Wouldn' t Be Love" è la ballad positiva, quella tutta miele, quella che starebbe bene alla fine di un live per salutare il pubblico e riconfermare la stessa attendance per la prossima volta in quel posto. "Wrecking Ball" chiude il lavoro delle Vixen e si muove su un discorso che più o meno potrebbe essere questo: "ora mettetevi a fare un po' di sano casino che il culetto ve lo facciamo muovere noi" .
'Rev It Up' è roba che ascolto da anni e che tiene sempre vivo il mio interesse e la mia curiosità verso i tempi d'oro dell'hard rock. C'è tutto dentro, soprattutto quella classe che hanno solo donne di stile che sanno come imporsi con eleganza, senza urlare inni scontati e violenti come hanno fatte tante, seppur brave, altre interpeti dell'epoca.
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