Una stroncatura tira l'altra, a quanto pare, eccone una fresca di uscita, e bella sanguinolenta nonchè dolorosa. Li aspettavo al varco i VNV Nation, "Advance And Follow", "Praise The Fallen", "Empires", bellissimi, poi "Futureperfect", "Matter + Form", "Judgement", lasciamo stare che è meglio, "Of Faith, Power And Glory", "Automatic", "Transnational", ancora disconi. Ronan Harris e Mark Jackson, padri nobili del Futurepop, sembrano viaggiare a cicli di tre: la nuova uscita rinnoverà il circolo virtuoso iniziato nel 2009 o sprofonderà nuovamente nella noia e nel manierismo? Ecco a voi "Resonance", ovvero la nobile arte dello sputtanamento arrogante. L'idea di un album dei VNV con orchestra sinfonica mi intrigava inizialmente, poi ascoltai il trailer di sei minuti che ha anticipato l'uscita del disco e mi diede la sgradevole sensazione di qualcosa pericolosissimamente simile alla colonna sonora di un film di Leni Riefenstahl. Ero già preparato a una possibile delusione, ma neanche nelle mie previsioni più pessimistiche avrei immaginato una porcata del genere. Questo disco è una colossale, riprovevole presa per il culo.

Eppure, ragionandoci con più attenzione, non dovrei esserne particolarmente sorpreso: è proprio l'idea di fondo ad essere completamente sbagliata, e chi conosce i VNV in teoria dovrebbe sentire puzza di bruciato anche senza aver ascoltato una singola nota. Mi spiego meglio: nella musica del duo britannico una componente sinfonica e magniloquente è sempre stata presente, è un elemento organico ed inscindibile del sound che li ha fatti grandi; poi c'è la componente elettronica, il groove, le vene che pulsano. Una parte senza l'altra non ha ragione di esistere, rimane soltanto un'anatra zoppa; spettacolo pietoso, veramente. Idea pessima, realizzazione ancora peggiore: "Resonance" è una raccolta di lenti e midtempos presi da tutti i loro album ad eccezione del primo, e già questo denota una certa mancanza di ambizione ma fosse solo quello il problema; in ultima analisi "Resonance" è semplicemente un orrendo tappabuchi, una bieca operazione spillasoldi, peraltro realizzata da cani. Punto primo: Ronan Harris è un pesce fuor d'acqua, in mezzo a tutti questi adagi e "senseless violins" la sua voce dà veramente una sensazione di fastidio, è più fuoriposto di un cammello al palio di Siena, punto secondo: canzoni originariamente d'atmosfera ma anche intense e pulsanti trasformate in lagne improponibili, e questo non si fa, questo non è bello.

Composizioni tirate per le lunghe, depotenziate, scarnificate di tutta la massa muscolare che le rende potenti, scattanti, efficaci; ci si ritrova con un Ronan Harris che declama, magari con bel cerino in mano, ce lo vedo benissimo, su un sottofondo degno della peggior "musica classica contemporanea": si trattiene, si ingabbia, si autocensura fino ai limiti del ridicolo, e questo per assecondare dei riarrangiamenti leziosi e inconsistenti oltre ogni limite di sopportazione. Un esempio su tutti, neanche tra i più drammatici: "Beloved", ovvero questa canzone, sentitevela bene, l'intensità, l'atmosfera, il climax emotivo, il ritmo che emerge a poco a poco fino a pulsare fiero e orgoglioso; e ora ammirate lo scempio; manierismo monodimensionale, niente energia, niente convinzione, nessuna integrazione tra musica e cantato, nessuna profondità, neanche un briciolo di originalità reinterpretativa, e a momenti sembra la sigla di Rivombrosa, cazzo! Da un album orchestrale ci si aspetterebbe quantomeno un minimo di veemenza e impatto sonoro, invece solo noia su noia, e una sterilità emotiva devastante.

Album perfetto per sonorizzare ristoranti, sale d'attesa, bocciofile, boutique del controfiletto, formaggerie "La Baita Alpina" in centro a Raggio Calabria, i vostri clienti diventeranno immediatamente narcolettici e potrete spacciargli per freschissime delle mozzarelle di bufala del 1995 (Cit.); seriamente, se avete un parente, un conoscente, un amico in fissa con Giovanni Allevi questo coso potrebbe essere un'eccellente idea regalo; Ronan Harris e Mark Jackson invece meriterebbero una raffica di bottigliette e ortaggi vari sul palco qualora volessero riproporre in sede live questa "particolare" formula. Fallimento totale, come immagine, come sound, come riuscita finale; le orchestre vanno lasciate nel loro brodo a fare quello che compete loro fare, puttanate del genere sono roba da metallica e da tenori plurimiliardari avidi di denaro e influenza sociale. E poi un'altra cosa: quel "Vol 1" nel titolo; è uno scherzo, vero? Lo spero proprio, ma non per me, per loro, per quello che rappresentano e la stima che ho nei loro confronti; perchè se così non fosse a sto punto farebbero una figura molto più dignitosa chiudendo bottega, perseverare su questa strada sarebbe un modo veramente atroce di suicidarsi artisticamente.


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