In un Novembre, che segna forse il periodo di maggiore flagellazione della terra ligure, abbandonata a se stessa da un bel paese, sempre più preso a contorcersi su un sistema finanziario che fa tanta acqua quanta ne è caduta su Genova, prende forma, proprio in quelle terre, una piccola perla. Un lavoro che vuole dar più voce a chi urla senza essere visto. Un grido di protesta che vuole togliere il bavaglio al mutismo sempre più anacronistico delle istituzioni e dei media. Partiamo dall’artwork che a primo impatto ricorda il masterpieces dei King Crimson – In The Court of Crimson King. Qui però c’è di stilizzato un solo un occhio dell’uomo schizoide che urla, un occhio che lascia trasparire tristezza per certe ipocondriache situazioni della moderna umana natura e contemporaneamente la rabbia di chi ha voglia di liberarsene.
“Prima fermata destino” – l’opener si era già fatta apprezzare nel precedente lavoro. Traccia che richiama fortemente gli stilemi “classici” del nu metal, con improvvisi breack di melodia. Il giusto trade union tra tutto il sacrificio sudato dai nostri Volumi negli anni passati e tutto quanto di nuovo stanno per offrire in pasto da qui in poi.
“Forma e Sostanza” – I CSI travestiti da Deftones. Un pezzo storico di una band che molto ha dato al panorama (fortemente sottovalutato) del rock made in Italy. Preso da Pogo e company e cosparso di nuova linfa, intriso di tecnica ed energia. Un marcia in più per continuare a pretendere dalla vita quel che spetta. Bella e piacevolissima rivisitazione. Il giusto tributo ai precursori.
“Diverso” – Finalmente si parte. Riff arrembante apre il pezzo più granitico del lotto. Protesta alla commercializzazione e stereotipizzazione dell’arte musica. Autoproclamazione rabbiosa di “diversità” e autonomia dal jet set musicale italiano sospinto dai vari falsi miti e falsi eroi made in DeFilippi. Superlativa la prova vocale dell’ugola ruvida del combo, Pogo. Pioggia di parole che poggiano su un tappeto di drumming lineare rafforzato da un guitar sound di spessore. Linee vocali che si intessono perfettamente sull’incedere nervoso della sessione ritmica. Da headbanging dall’inizio alla fine.
“Distante” – Un intro morbida e melodiosa, con le due voci che si intrecciano e si compensano nelle modulazioni, sfocia in frammenti d’istanti di cattiveria come una sassata in faccia. Traccia migliore del platter per la perfetta armonia tra lirica e melodia. Testo a tratti etereo che porta l’ascoltatore su un ottovolante che viaggia attraverso l’inferno della disperazione, ma che come l’araba fenice risorge, riportando la mente alla speranza di un domani migliore. Ritornello che si stampa nel cervello e ottimo guitar solo nel breack finale. Una gemma.
“Abradere” – Altra intro, stavolta tesa e ispida, prima che la voce “abrasiva” di Pogo urli l’ennesima preghiera di protesta, un urlo per svegliare le menti offuscate da un mondo che cerca di bendarci, mentre ci soffoca e ci avvelena lasciandoci nel buio del silenzio. Ritmi serrati, martellanti e ripetitivi nel guitar work tengono alta la tensione per tutta la durata della track e danno forza al focus del messaggio “vorrei vedere i miei sogni da vivo”.
“Uomo di porcellana” – ritorno alle origini? Solo apparenza. Puro ed estremo hardcore old style all’apertura, altro pugno in faccia, ma nemmeno il tempo di riprendere coscienza che si ricomincia con la contaminazione di stili e la sperimentazione. La track più complessa ed elaborata dell’intero lavoro che lascia trasparire ad ogni ascolto una scheggia di tecnicismo in più. Il brano più eterogeneo dell’intero lavoro, dove spicca ancora l’enorme camaleontica fucina di riff ed idee che si cela dietro l’immagine gracilina del Guitar (maybe) hero Renna J, sostenuto dallo storico fondatore del gruppo Pogo. Peculiare e sentita prestazione dell’ex 2Novembre che nelle parti clean riesce ad esprimere le sue doti migliori.
Nella sostanza un buon lavoro, un EP che suona come un avvertimento. Tanta voglia, tanta energia e tanto sudore. Niente male come inizio, se così vogliamo definirlo per chi, come loro, da oltre dieci anni mette passione in ciascuna nota che esplode dagli amplificatori. Songwriting decisamente maturo rispetto agli inizi, il sound suona più tecnico, preciso, curato in ogni singolo dettaglio. Si sente la voglia di stupire pur rimanendo legati alle proprie radici e convinzioni. Adesso solo un grande in bocca al lupo, con la speranza che questo progetto possa finalmente spiegare le ali, acquisire maggiore certezza nei propri mezzi, assumere una forma ancor più peculiare e prendere il volo. Forse sarò di parte nel giudizio, ma un fan di vecchia data non può mettere da parte la parte emotiva: Quello che ascolti è quello che vuoi, quello che ascolti è quello che sei…
Patrizio “the Blizzard” Guastaferro
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