Come erano belli i tempi in cui c’era un solo televisore in casa. Magari un Magnadyne di plastica rossa esclusivamente in bianco e nero e senza telecomando. Quando speravi che i transistors fossero immortali e le trasmissioni terminavano ricordandoti di andare a letto…
Poi un maledetto giorno arrivò il biscione grattugione che disseminò il paese di antenne e spianò la strada ad una giungla di reti private con l’obbligo d’acquisto di un televisore a colori. Grundig, Mivar o ITT per gli operai. Anche perchè l’avanguardista Sony “Trinitron” costava quanto un quadro di Van Gogh.
Quando ero un giovincello appena tornato da scuola, dopo un veloce piatto di pasta mantenuto caldo da un altro sovrapposto al contrario, erano ben tre, i canali privati che mi impegnavano in un furioso zapping: Rete Amica, Canale 88 e Tele Kappa. Il primo proponeva sovente terrificanti pellicole di arti marziali o improbabili filmastri di quarta categoria dal sapore anacronistico, del tipo “Maciste contro Gengis Khan”. Sul secondo rischiavo un’overdose di cartoni animati o di telegiornali locali che al massimo evidenziavano in nera il furto di un pollo. Il terzo, invece, mandava in onda per lo meno qualcosa che rientrava nei limiti della decenza ma tutti, e sottolineo tutti, avevano un fattore in comune: riproporre fino all’assuefazione. Poco male se ti eri perso un buon programma: lo avrebbero rimandato tra le 12 e le 36 ore successive per una settimana.
Un bel giorno, toh! e mi vedo il finale di un film che sembra non male. La canzone che accompagnava i passi multipli per sabbia, giostre sbrinate e gabbiani dei titoli di coda, mi stuzzicò l’audio fino alla tentazione. Attesi i tempi tecnici de quibus e con precisione svizzera riuscii a calarmi negli antri semilluminati al neon della tentacolare rete metropolitana di New York.
Nella amena cornice del Bronx è stato organizzato un raduno di tutte le altisonanti gangs della città, disarmate per l’occasione, al fine di eleggere un responsabile capace di gestire le predette e, pedissequamente controllare in maniera illecita tutte le aree urbane della metropoli. Mentre il prescelto, tale Cyrus, declama scenari velleitari dall’alto di un rozzo pulpito, un cane privo di padrone e collare approfitta del fragoroso entusiasmo generale esplodendo una revolverata all’indirizzo dell’olivastro santone. Ovviamente quel che era una tregenda letterale diventa una tregenda figurata, con l’arrivo della polizia e la colpa di tutto attribuita ai “Warriors” della penisola di Coney Island.
Il gruppo di nerboruti capitanato dal biondo Swan (Michael Beck), dovrà attraversare ad ogni modo tutta la città, contro decine di bande armate ben oltre le arcate dentarie, poste a qualche soffio dai propri calcagni. Tra corse sotto la pioggia e violenti scontri al sinistro sferragliare di desolate stazioni del metro, riusciranno a dimostrare la loro innocenza.
Attingendo idee da un racconto di Sol Yurick, il buon Walter Hill confeziona, con non poche difficoltà (scritturazione di piccoli criminali come comparse e varie interruzioni di riprese a causa dell’invadenza di vere gangs) e avvalendosi di attori semisconosciuti, un bel film d’azione che ha acquisito con il tempo lo stesso valore qualitativo dei distillati di pregio. Girata quasi completamente in notturna tra eccellenti scorci scenografici, la pellicola scorre, anzi corre mantenendo una piacevole pulsazione ritmica sotto il profilo del cardiopalmo. Pur essendo stato girato nel lontano 1979 trovo tuttora molto forti le scene degli scontri fisici, sia per la purezza molto vicina al reale della violenza esibita che per quel filo di ansia che a volte rasenta l’inverosimile senza però sfociare nel ridicolo e surreale “americanaggio granduignolesco” che tracima nei film di genere odierni.
Due le sequenze memorabili: l’inseguimento e lo scontro nel parco con i battitori al maquillage dei “Baseball Furies” e il sinistro invito con tintinnio di bottigliette all’ombra della ruota panoramica. Nella prima il valore aggiunto lo pone un commento musicale incalzante composto da Barry De Vorzon, mentre l’ultima è impreziosita dal ridondante, spiritato, stridente ed acuto in coda richiamo di guerra di Luther (David Patrick Kelly): “Guerrieeeriii? Giochiamo a fare la guerraaaaa?” Ottima la colonna sonora che offre, oltre al difficilmente dimenticabile tema, pertinenti brani di rock ‘n roll che senza il film sarebbero altrimenti andati dimenticati. Il brano di chiusura è forse il più celebre, “In the city” composto dall’aquila Joe Walsh.
Ah, Rete Amica e Canale 88 sono prematuramente scomparsi. Tele Kappa ha cambiato nome e gestione, sfida il digitale dominante ed i film proposti non sono più interessanti come una volta.
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