Marchetti Walter, veterano della scena avanguardista italiana, da sempre poco considerato dai "Luminari della Musica Contemporanea" forse perché era solito frequentare le spagnole Madrid, Barcellona e San Bebastiàn de los Reyes per i Festival ZAJ, rimane di fatto il primo in Italia a fare musica elettronica al di fuori dal Centro di Fonologia della Rai, il primo in assoluto ad utilizzare un sintetizzatore in Italia, ben prima di Frederick Rzewsky e del suo collettivo Musica Elettronica Viva.
Nel 1964 era a Roma e collaborando con Paul Ketoff i due costruirono il primo vero sintetizzatore "made in Italy", il GRS Synket controllato da una tastiera a due ottave, battendo sul tempo di un anno persino Robert Moog (l'esemplare è tutt'oggi conservato funzionante presso il Museo Synthorama in Svizzera). Con quella macchina realizzò due suite di rumore puro: "Osmanthus Fragrans" e "Adversus" (l'autore non è in grado di dare all'interprete di queste composizione nessuna indicazione o suggerimento alcuno per la loro realizzazione). Con i pezzi citati Marchetti creò l'archetipo di quella che oggi viene chiamata "drone music", pubblicati su vinile (In Terram Utopicam - Lavorare in silenzio, chiacchierando si produce poco e male) soltanto nel 1977 grazie all'interessamento del visionario Gianni Sassi, già produttore degli Area e di molteplici altre realtà poly-stilistiche dell'underground italiano. Ma Marchetti rimase in toto avanguardista acustico, lontano dagli ideali dadaisti dello Studio di Colonia, e sempre più attratto dalla scuola americana e da John Cage. Era con il maestro al Lirico di Milano quella triste sera del due dicembre ‘77 addetto al proiettore che rifletteva uno dopo l'altro i bellissimi disegni di Thoreau che vennero tra l'altro distrutti. Sia Marchetti che Cage quella sera rischiarono la vita ma come ebbe ben a sottolineare Roberto Calasso ne "Il piacere del vuoto" quei ragazzi, intellettuali soltanto a parole, non si resero nemmeno conto che utilizzando la benda nera stavano ripetendo un gesto antichissimo, quello con il quale il musico veniva eletto a "pharmakon", come dalla narrazione di Platone nella Repubblica.
Per parlare dell'album La Caccia (1974), che contiene la versione in studio della sua più geniale, nonché originale, composizione si deve obbligatoriamente indietreggiare al dicembre del 1965 quando avvennero le prime due esecuzioni dell'omonima opera; "versione per uno spazio chiuso" (11 dicembre) e "versione all'aria aperta" (15 dicembre). Il quartetto degli esecutori è dotato di quattro tabelle alfanumeriche, differenti tra loro, queste rappresentano la "partitura"; gli strumenti in dotazione sono unicamente richiami artificiali per uccelli che normalmente utilizzano i cacciatori e che imitano alla perfezione i canti dei volatili e l'ungulato dei loro piccoli. Ogni esecutore suona esclusivamente i richiami a bocca, a mano, ecc. seguendo un preciso ordine di lettere dell'alfabeto, ad ogni lettera corrisponde pertanto un richiamo differente, ad ogni numero un determinato numero di passi in direzione a piacere. Il risultato è un continuo, multiforme ed esasperante ammasso di suoni naturali animali che circolano a 360 gradi attorno all'ascoltatore presente. La versione in disco sembra un vero concerto eseguito da una moltitudine di animali tra cui Ballerina, Fischione, Aquila, Beccaccia, Starna, Picchio, Allodola, Anatra, Allocco, Airone, Quaglia, Martin pescatore, Alzavola, Pernice, Ghiandaia, Gallo cedrone, Cuculo, Colombaccio, Fagiano, e più che un cacciatore esperto servirebbe un ornitologo per identificare tutti i personaggi che si esibiscono in questa lunga "canzone" di quaranta ed oltre minuti. Sebbene la registrazione impeccabile realizzata in uno dei migliori studi discografici romani, la versione dal vivo acquisisce quella spazialità che il semplice effetto stereo non è riuscito a ricreare.
Fosse anche in minima parte veritiera la legge secondo la quale un'opera dell'ingegno umano in campo artistico, di qualsivoglia valore o spregio, mai ideata prima da nessun altro, sia da considerarsi più che capolavoro, opera di genio, si presume che per originalità "La Caccia" di Walter Marchetti possa rientrare tranquillamente tra le 100 opere più importanti della Musica Contemporanea del Ventesimo Secolo.
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