Ci sono libri che fanno bene al cuore, alla mente ed all'anima, e ci sono ogni tanto dei simboli a cui aggrapparci, delle storie che ci piace raccontare agli altri, soprattutto ai più giovani, o farci raccontare dai compagni più esperti, dai nostri fratelli maggiori, da quei piccoli grandi maestri che hanno vissuto tutte le tante battaglie del XX secolo, e che, in qualche modo, possono continuare ad essere un punto di riferimento, una stella polare per chi, direttamente o indirettamente, voglia impegnarsi per rendere l'Italia un paese migliore, più vivibile, aperto e fiducioso verso il futuro.
Fra questi punti di riferimento vorrei collocare Enrico Berlinguer, come uomo e come protagonista di una parabola esistenziale unica, prima ancora che come politico e leader del Partito Comunista in anni di difficili trasformazioni e sfide per il nostro Paese uscito dalla disfatta della seconda guerra mondiale e dalla tragedia del Nazifascismo.
Di Berlinguer si è parlato molto nei dibattiti politici, soprattutto interni alla sinistra in crisi di identità degli ultimi anni, e lo si è tirato spesso in ballo anche in recenti trasmissioni televisive, ponendo l'accento, da un lato, sul suo distacco dall'Unione Sovietica post-staliniana e sul suo graduale approdo verso la socialdemocrazia (nell'ambito di un progetto purtroppo interrotto dalla sua prematura scomparsa), e, dall'altro, sulla sua capacità di prevedere ed anticipare i mali che avrebbero afflitto l'Italia dagli anni '90 in poi, fossero essi la "questione morale" che il rischio di derive autoritarie e cesaristiche, ben compendiate dalla sua opposizione a Bettino Craxi, sia sul piano ideologico che sul piano storico.
Si tratta di aspetti che riallacciano Berlinguer al proprio tempo, alle sfide di un'epoca ormai passata ma che, nello stesso istante, molto ci dicono della caparbietà con cui il leader comunista seppe interpretare il fatto storico nella sua crudezza, senza perdere tuttavia di vista gli obiettivi di lungo periodo di una politica che, per prima cosa, avrebbe dovuto liberare l'uomo dalle proprie catene e dai propri condizionamenti, lasciandolo poi libero di percorrere, in doveroso accordo con i propri simili - patto democratico, lo chiameremmo - le strade dell'affrancazione da ogni tipo di dittatura, fosse essa politica, ideologica, economica o semplicemente di costume.
Riassumendo, anche per i più giovani che mi stanno leggendo, la parabola berlingueriana, vorrei sottolineare come egli mirasse ad emancipare l'Italia da tutti i condizionamenti che affliggevano il nostro Paese, anche a causa della situazione geopolitica o di vicende storiche giunte ad esplodere negli anni '60 e '70: un'Italia emancipata dallo scacchiere NATO-Comecon, dalle violenze del terrorismo massimalista della stessa sinistra durante l'affaire Moro, dalla follia dello stragismo di destra, come pure dalla tentazione di uscire dagli schemi ricorrendo a forme di deriva carismatica, antidemocratica ed autoritaria, tipica dei sistemi plebiscitari in cui i nuovi leader- si chiamassero ai tempi Craxi od oggi Berlusconi - vengono acclamati come solutori di ogni problema, come uomini della provvidenza, con tutto il carico di dolore e sofferenza cui rimanda questo stesso concetto.
Leggere il libro di Walter Veltroni può essere allora istruttivo, anche per i più giovani, laddove si traccia l'importanza della figura di Enrico Berlinguer e ne riconosce la caratura morale, esistenziale, di un uomo che seppe comportarsi in privato come appariva in pubblico, bandendo, nella nettezza dei suoi comportamenti e nello scabro linguaggio che lo contraddistingueva,ogni forma di orpello e retorica che, per prima cosa, offendono l'ascoltatore, trattandono e ponendolo in una posizione di costante "minorità".
Veltroni, qui scrittore ma inevitabilmente politico, sembra individuare in Berlinguer non solo e non tanto un Padre Nobile della nostra Repubblica, quanto e, soprattutto, un modello di comportamento e coerenza che dovrebbe essere imitato da una Sinistra Democratica che, nel corso degli ultimi vent'anni, sembra aver dimenticato la propria autentica missione, ovvero rendere gli uomini liberi senza sacrificare l'essenziale valore dalla loro Uguaglianza e Fraternità, considerando che l'individuo lasciato a se stesso non può far che ritorno ad uno stato di natura i cui prevale l'istinto ferino del più forte, una guerra di ognuno nei confronti dell'altro in cui si allunga, pericolosa, l'ombra di un Caino o di un Romolo, pronti a colpire il debole per affermare il proprio potere e la propria brama di supremazia sull'Altro.
Avere nell'Altro un interlocutore da rispettare, credere in un patto federativo fra individui, in una unità di intenti e nel miglioramento costante delle condizioni degli uomini è la base sulla quale è possibile edificare, anche in epoca di crisi delle ideologie e della stessa politica, un nuovo modo di essere Sinistra.
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