Un anno dopo l'uscita del loro primo album nel 1970, Nick Simper e soci si riunirono per registrare quello che sarebbe stato il loro secondo ed ultimo disco, Red Sea, pubblicato nel '72. Rispetto a Warhorse la formazione è cambiata con l'abbandono del chitarrista Ged Peck, sostituito da Peter Parks (andatosene dai Black August).
Come nella loro prima opera il sound è piuttosto progressive, con forti venature hard rock, ricco di momenti in cui ricorda i Deep Purple (non a caso il bassista Nick Simper vi fece parte per i prime tre album). Le registrazioni vennero fatte in fretta e furia a causa della cattiva situazione in cui versavano le casse della casa discografica, ma nonostante ciò il gruppo ha saputo esprimere un rock caldo e maturo, capace di concedere spazi a tutti i musicisti per mostrare le loro qualità.
La prima traccia è la title track scandita da riff di chitarra e organo, con un buon assolo nella parte centrale. Ben cantata, con acuti che fanno tornare alla mente Ian Gillan, e ottima la sezione ritmica con basso baldanzoso e batteria che non sta mai ferma. Sicuramente un bell'esempio di hard prog. Potremmo dire lo stesso per "Back In Time", la cui durata di 7 minuti buoni si spiega con l' assolo dilatato di chitarra che segue al frastuono fatto dai 5 ragazzi inglesi. 180 secondi di silenzio rotto soltanto da urla, riff e impennate della telecaster nera di Peter Parks, sicuramente un buon chitarrista. Più spensierata "Confident But Wrong", canzone piacevolmente scandita da organo e chitarra, con la potente voce di Ashley Holt che urla. Dopo un intermezzo quasi classicheggiante di tastiera, ritorno al tema iniziale. Non verrà di certo ricordata tra le canzoni migliori della storia, ma è sempre bello per noi amanti del rock ascoltare canzoni come queste.
"Feeling Better" segue il ragionamento esposto poc'anzi, dove a farla da padrone è la voce, con acuti che si perdono nel finale, su una bella base di pianoforte. Tra le altre cose, la canzone più calma del disco. "Sybilla" è invece un hard rock che tende più verso l'America, in stile Gran Funk Railroad, senza troppe pretese, ma comunque piacevole all'ascolto, sempre tornando al concetto esposto sopra. Viene data l' occasione di sfogarsi anche al batterista Mac Poole con "Mouthpiece", traccia ricca di rullate, non a caso il pezzo più lungo dell'opera con i suoi 8 minuti abbondanti. Assolo che segue i canoni dell'epoca con rullate veloci e la doppia cassa. Interessante come il piede sinistro (quello del charleston) non smetta mai di fermarsi nonostante le braccia si muovano a gran velocità. C'è posto anche per fare "Oh Susanna" con dei tamburi. Notevole. Si chiude in modo leggermente malinconico con la bella "I (Who Have Nothing)", resa tale dall' aggiunta di cori all' organo e alla chitarra che piangono sulla base sempre molto ben tracciata da basso e batteria.
Senz' altro un buon gruppo i Warhorse, che per gli amanti del rock simil-Deep Purple potrebbe essere una grande scoperta.
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