Una volta entrati nel loro mondo è difficile uscirne fuori.
Troppo emozionali per restare indifferenti.
Troppo intimisti, romantici, asfissianti.
Troppo Doom insomma. Un doom che viene dall'Inghilterra ad opera di una band ancora abbastanza in ombra.
I Warning si sono distinti sul panorama discografico soprattutto grazie all'uscita quattro anni orsono del bellissimo "Watching from a distance".
Pochi sanno che la band in questione pubblicò il suo debutto nel lontano 1999.
"The strength to dream" è l'ideale colonna sonora dell'uomo tormentato. Tra i varchi sonori aperti da una chitarra mai così lenta e "pastosa" si muovono testi di una profondità spiazzante.
La grande forza della band inglese stà nel riuscire a creare canzoni lunghe e cariche d'emotività mettendo da parte qualsiasi tipo di tecnicismo, allontanando tutto quello che potrebbe apparire sperimentale. Cinque tracce della durata media di 10 minuti in cui chitarra e una clean vocal straziante reggono le redini di un album, che in questo senso è troppo simile a se stesso. Le basi sono rappresentate da una sezione ritmica lenta che sfiora più e più volte il funeral doom, puntando tutto sulla voce triste e sofferente di Pat Walker, capace di regalare delle emozioni davvero uniche. Ogni monolitica composizione del platter è da assaporare in ogni suo anfratto sonoro, nonostante la staticità del lavoro che è poi l'unica vera pecca del disco.
"The return", "Tha face that never dies" e la conclusiva titletrack raggiungono vette di emozionalità a tratti inquietanti. In questo viaggio verso la scoperta di noi stessi il nostro bastone sarà la guitar di Pat Walker. L'unico sprazzo di luce arriverà al minuto 7:53 dell'ultima traccia.
La partenza di un arpeggio lento e delicato non è però la tanto agognata speranza, ma bensì un ulteriore tunnel di desolazione che ci accompagna verso la fine di un grande lavoro di puro doom metal, di quello senza fronzoli.
I Warning, nonostante la loro immobilità discografica (hanno dato alle stampe soltanto due lavori), sono una band di assoluto rilievo nel doom europeo. Portatori di una carica emotiva che a volte stordisce e a volte commuove sono riusciti a creare uno stile tanto personale quanto semplice.
"The strength to dream" è un ascolto complicato: difficile districarsi nel catrame sonoro della band.
Il tutto viene reso ancora più indigeribile dal minutaggio delle song.
Quest'album, insieme al successivo, riesce però nell'intento di far scaturire da un genere di così difficile assimilazione una grandiosa quantità di suggestioni emotive.
1. "The Return" (11:42)
2. "The Face That Never Dies" (7:11)
3. "Something Hurts" (7:48)
4. "How Can It Happen?" (10:09)
5. "The Strength To Dream" (13:30)
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