Il testamento di una band al solo suo secondo disco. Dopo solo un album che li lancia nel panorama Glam e Hard Rock americano, questi 5 tamarri sfornano il loro capolavoro, "Cherry Pie" appunto.
Come per gli Skid Row, che a differenza loro la azzeccano al primo lavoro, gli Warrant vengono catapultati nel mondo dei lustrini e dei merletti nei primi anni '90, quando i fasti e gli onori dell'epoca del Hard Rock cotonato era agli sgoccioli, così come i suoi gruppi più rappresentativi, e per questo anche loro destinati a vita breve, con tentativi di rinascita, cambi di line-up, reunion e una modernizzazione del suono diciamo pure forzata e non proprio apprezzabile.
Ma gli anni '80 finiscono definitivamente solo nel '94, e il tempo per sfornare un disco di Hard Rock melodico, ruffiano e potente c'è tutto. Andiamo dunque ad analizzare le perle di cui si compone questo LP.
Partiamo dalla particolare Uncle Tom's Cabinet, che viene introdotta da un singolare arpeggio di chitarra acustica, che verrà ripreso poi da un banjo, per ricordarci che gli Warrant suonano si Hard Rock, ma non disdegnano il folk e il country tanto caro ai Cow Boys. La song parte poi in quarta trasformandosi in un massiccio inno quasi heavy metal, che sfocia in un arioso ritornello al quale è impossibile resistere per melodia e ritmo.
Si arriva dunque alla prima delle due ballads presenti nel disco, quella I Saw Red che va ad inserirsi di diritto tra le più belle canzoni romantiche del genere. La struttura è quella classica, intro dolce e malinconico di piano, sul quale la voce di Lani Lane si distende delicata, continuando a fluttuare sulla strofa che si fa man mano più rocciosa e passionale. Lo svolgersi non riserva grandi sorprese per svolgimento, ma le melodie e gli arrangiamenti arrivano dritti al cuore, e il frontman può sfoderare tutta la sua estensione vocale e la sua espressività nei vari ritornelli.
Di nuovo classica cavalcata da stadio con Bed Of Roses, che a differenza della più celebre sorella di Bon Jovi, mantiene alto il ritmo per tutto lo svolgimento, nonostante un' ingannevole intro di chitarra acustica sognante e pacato. Si riparte in quarta con Sure Feels Good To Me, veloce e potente, dai riff di chitarra veloci e taglienti, che fanno ideale tappeto al cantato rabbioso ma sempre melodico del bravo Lane. Il pogo continua con l'altrettanto veloce ma meno rabbiosa Love In Stereo, per la quale vale il discorso della precedente song.
Arriviamo dunque alla seconda ballad del lotto, introdotta da un disturbo di rumore bianco seguito da un sospiro (o una boccata di sigaretta?) e da un dolce arpeggio della ormai familiare chitarra acustica, che qua rimane presente per quasi tutto il brano, accompagnando i power chords distorti, e dando al tutto un tocco di dolcezza in più che mancava alla precedente I Saw Red, forse più vicina ad una Power Ballad che a una Ballad vera e propria. Ottimo l'assolo e il lavoro delle seconde voci, che impreziosiscono le linee vocali principali già ben studiate e immediate.
Ancora un intro acustica, che stavolta ci accompagna per più di due minuti assieme alle pime strofe della canzone, e parte un coro da stadio che fa da tappeto al ritornello di Song And Dance Man. Nonostante il titolo, la canzone non decolla in velocità o potenza, ma si assesta su alternanze tra strofe più pacate e ritornelli orecchiabili ed epici, che fanno si che questa sia la canzone che più da vicino ricorda i Bon Jovi.
Altro giro, altra corsa, per un'altra hit da concerto, You're The Only Hell Your Mama Ever Raised, sostenuta ma non troppo veloce, con un ritornello divertente che si stampa in testa al primo ascolto. Ritorniamo su lidi più rocciosi e Hard Rockeggianti con Mr. Rainmaker, ottima canzone con Lani Lane che corre su e giù per le ottave del pentagramma, senza risultare mai banale e che lancia l'ottimo ritornello degno anch'esso dei migliori Bon Jovi.
L'ultima traccia del disco originale, parte come un treno, citando esplicitamente il classico di Ozzy Osbourne Crazy Train. Non a caso il titolo è un fantasioso Train Train. Sentiamo le ruote che friggono le rotaie, mentre questo treno parte su un riff di chitarra e batteria davvero accattivante, fischia il suo assolo di armonica e si lancia a tutta velocità in un viaggio attraverso i deserti americani. Una perfetta canzone Heavy Country si potrebbe dire, per la maniera ruvida e stranamente bassa in cui è cantata, e per le melodie che ricordano una colonna sonora western suonata da delle chitarre elettriche.
Nell'edizione rimasterizzata su cd, è il turno ora di una "canzone" che doveva essere inclusa nell'edizione originale, ma che è stata censurata in quanto contenente una serie di "complimenti" rivolti a Tipper Gore, all'epoca schierata contro certi contenuti che la musica rock elargiva senza troppe riserve. Niente più e niente meno che una serie di insulti copiati e incollati assieme da spezzoni live. Divertente, e per fortuna breve.
Sempre appartenenti all'edizione cd, due bonus tracks che nulla aggiungono e nulla tolgono a quanto detto finora. Due piacevoli canzoni da stadio, la prima, Game Of Love, in verità nella media, la seconda anthemica e martellante sorretta da ottimi cori e intrecci vocali che rendono bene l'idea del titolo, The Power.
Fine?
Credevate mi fossi dimenticato della canzone più importante e significativa?
Ovviamente no! Infatti menzione a parte va fatta alla canzone di apertura del disco, la Cherry Pie che da il titolo al lavoro! Che dire, se non una canzone perfetta nel suo genere, sta agli Warrant come Livin' On A Prayer sta ai Bon Jovi, Girls Girls Girls ai Motley Crue... insomma, un classico. Accompagnata da un testo e un video tamarri come pochi (leggere e vedere per credere) e nel contempo spassosissimi, si avvale di riff catchy, una ritmica elementare e trascinante come poche, e dei cori talmente semplici ed efficaci che è impossibili non lasciarsi andare a canticchiarla o ad immaginare la bionda del video che a ritmo di musica fa le cose che vengono elencate nel testo... Canzone semplicemente da urlo. E pensare che la leggenda vuole che a disco ultimato la casa discografica, evidentemente non soddisfatta, facesse delle pressioni per avere un singolo che potesse lanciare davvero il disco ai piani alti delle classifiche... e vide così la luce Cherry Pie, le cui chitarre sono affidate non ad un personaggio a caso, bensì a C.C. DeVille dei Poison.
Un caso?
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