I We Came As Romans sono il classico gruppo detestato dai metallari più puristi (e non solo), in quanto facente parte della nuova ondata di gruppi metalcore che in questo periodo sta raggiungendo il proprio apice di popolarità. Anche se, a dirla tutta, di metalcore in questo "Tracing Back Roots" ce n'è pochissimo, e sarebbe quindi ingiusto considerare questo lavoro come fatto da un gruppo del sopracitato calderone.

Oggi i We Came As Romans sono un gruppo diverso da quello di "To Plant A Seed", e "Tracing Back Roots" se fosse uscito 7/8 anni fa sarebbe stato etichettato come un disco emocore, simil Silverstein. Nel 2014, questo non può che essere considerato che un disco rock fm, con qualche influenza metal; tant'è che ho coniato un nuovo termine per definire questo intruglio: stadiumcore, ovvero big rock (come amano chiamarlo gli inglesi) con cori da stadio e breakdown e scream sparsi qua e là. A favore della mia tesi, ecco gli esempi meglio riusciti: "Fade Away", singolo sfacciatissimo e canzone meno "core" del lotto, l'altro singolo "Never Let Me Go", la magnifica "A Moment" (capace di muoversi tra breakdown, ritornelli devastanti e sequenze electro) e "Present, Future And Past". I testi, per lo più autobiografici, si confermano un punto di forza del gruppo del Michigan, anche se ogni tanto non mancano delle frivolezze (in "Ghosts", Kyle afferma che "I will scream 'til the breath is gone from my lungs, I will scream 'til it's gone").

Un album che contiene quindi tutti gli elementi per farsi amare dai fan di vecchia data e odiare da chi non sopporta il genere, e che, come prevedibile, ha riscontrato un buon successo di vendite (classificandosi anche in top 10 degli album più venduti in USA). Il titolo recita che il gruppo è arrivato come i romani per risalire alle proprie radici, ma in realtà questo disco segna un taglio col passato e l'inizio di un nuovo sentiero per il proseguo della propria carriera.

Voto: 7.5 (su 10) 

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