Estate 2018, Palermo. La temperatura sfiora i 40 gradi, è una di quelle tipiche giornate da passare in spiaggia in compagnia di amici, tra tuffi in acqua e birra ghiacciata. Purtroppo però è la settimana che precede gli esami di maturità del sottoscritto, un maestro del "tanto c'è ancora tempo". Mi appresto a studiare, quando YouTube decide di farmi uno scherzetto (o un regalo). Nuova notifica: "Africa - Weezer". Il gruppo californiano ha deciso, in seguito ad una campagna virale fatta partire da qualche fan su Twitter, di registrare una cover dello storico successo dei Toto. Neanche a dirlo la ascolto una, due, tre volte. La ovvia conseguenza è che tra un passo del Fanciullino di Pascoli e qualche versione di Platone, rinasce l'amore per i Weezer, un amore risalente agli anni delle scuole medie, quasi scontato per chi ha vissuto gli albori di YouTube e necessariamente ha speso parte della propria infanzia a vedere e rivedere video strepitosi come quelli di "Buddy Holly" o "Undone" (seppur risalenti al decennio precedente), un amore in realtà assopito da tempo, riaffacciatosi appena con l'uscita di qualche nuovo album, ma mai del tutto riaffermatosi. Non fino alla scorsa estate, durante cui, forse perché colonna sonora di un periodo memorabile come la maturità, i Weezer si sono ripresi un ruolo centrale nelle mie playlist (riprendendosi anche le classifiche grazie alla stessa "Africa" e all'album di cover "Teal Album", più che altro una sorta di divertissement).
Niente di strano dunque se ho reagito con un certo entusiasmo all'annuncio di un nuovo album, l'ennesimo omonimo. Questa volta il colore scelto come sfondo per la solita foto del gruppo per la copertina è il nero. Personalmente mi aspettavo che tale idea fosse dovuta ad una possibile scelta di recuperare certe sonorità che strizzassero nuovamente l'occhio all'emo-pop di vecchia memoria. Diciamo però che è bastato il primo singolo, rilasciato nell'autunno 2018, a farmi ricredere. "Can't Knock the Hustle" è infatti tutto, fuorché emo. Il pop la fa da protagonista, sfruttando sonorità molto vicine al funky e a tratti "spagnoleggianti". In seguito ad un'attesa durata praticamente un inverno è quindi arrivato lo scorso 4 marzo, dopo qualche altro singolo ("Zombie Bastards", "High as a Kite" e "Living in L.A.") e dopo qualche rinvio (l'album doveva uscire già nel 2017, come risposta al "White Album", prima ancora di "Pacific Daydream"), il "Black Album", tredicesimo lavoro in studio del gruppo.
Si può parlare di un capolavoro? No. Si può parlare di un disco innovativo? Meno. Si può parlare di un buon album, godibile? Sì, ma con riserva. Con riserva perché l'album, pur essendo, come già detto, godibile, non sfrutta al massimo le capacità dei Weezer ed in particolare di Rivers Cuomo. Sicuramente un buon lavoro, un power pop suonato bene, che come al solito spazia verso diverse direzioni. Il punto è però che, pur non essendoci magari un difetto in particolare, non c'è però neanche nessun pregio in particolare. Le canzoni sono tutte orecchiabili, ma niente di più. La band non esce sminuita da questa tredicesima prova in studio, assolutamente, ma l'impressione è che Cuomo & Co ultimamente stiano preferendo la quantità alla qualità. Gli album pubblicati negli ultimi quattro anni sono ben tre, quattro se si conta la già menzionata raccolta di cover ("Teal Album"). Probabilmente sarebbe stato meglio aspettare un po' di tempo in più, cercando di migliorare le canzoni dove possibile e magari attendere l'ispirazione per scrivere qualche pezzo migliore. Non si può assolutamente parlare di un gruppo che ha già dato tutto e che quindi ormai fatica, ne è un esempio il "White Album", risalente a meno di tre anni fa e, a mio avviso, lavoro di altissimo livello. Il "Black Album" è quindi un lavoro piacevole, che si lascia ascoltare senza alcun tipo di patema, nonostante non si possa definire uno dei migliori dischi della discografia dei Weezer. Personalmente lo ritengo perfetto per un ascolto disimpegnato mentre si è occupati in altro, perfetto per lo stereo della macchina durante un viaggio, ottimo sottofondo mentre si fa colazione la domenica mattina. Per i Weezer sembra ormai lontanissima quella fase un po' più negativa tra il 2005 e i successivi 6-7 anni e anche a giudicare dalle apparizioni live sono in forma smagliante. Proprio per questo motivo, se contassi qualcosa, consiglierei al carissimo Rivers di avere un pizzico di pazienza in più, di non pubblicare necessariamente con cadenza quasi annuale ciò che compone, di raccogliere le proprie idee con più calma, di concedersi più tempo. Quando si è i Weezer e si è in un buon stato di forma, perché accontentarsi d'altronde di qualche album tutto sommato positivo, anziché creare qualcosa di memorabile?

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