I Weezer pubblicano, nell'anno 2001, quello che sarà destinato ad essere il disco della loro definitiva esplosione: "Weezer", comunemente conosciuto come il "green album", da non confondersi con l'altro disco eponimo (il primo, definito invece "blue album").
E' innanzitutto un disco assolutamente fondamentale per comprendere il percorso artistico della band, iniziato col primo album e proseguito col controverso "Pinkerton", inizialmente denigrato in maniera vergognosa e successivamente addirittura innalzato a capolavoro della band. A modesto parere di chi vi scrive la verità riguardo "Pinkerton" sta nel mezzo, perché il vero punto più alto della produzione del gruppo americano è proprio questo "album verde".
E' incredibile come in quest'opera niente sia fuori posto: la sei corde alterna carezze melodiche a schiaffi distorti, le linee vocali sono semplici ma clamorosamente perfette, la band tecnicamente è in formissima ed ispirata come non mai. Cuomo firma interamente tutti i pezzi dell'album ed è talmente in palla da definire, nella mezz'oretta scarsa di durata del full lenght, il Weezer sound una volta per tutte.
I pezzi sono dieci potenziali singoli, nessuno escluso: spiccano in maniera clamorosa due canzoni in particolare, poi scelte proprio per la rotazione radiofonica. Una è "Hash Pipe", che tre anni dopo verrà vergognosamente plagiata da Gwen Stefani per la sua "What You Waiting For?": la chitarra "svanga" subito un riff stoppato e pesante, su cui si poggia il cantato in falsetto di Cuomo che lascia spazio subito ad un refrain impeccabile, in cui la melodia è assolutamente perfetta ed azzeccata. Significativo descrivere come Rivers l'abbia concepita: praticamente ubriaco di primissima mattina.
L'altra è "Island In The Sun", destinata a divenire una delle più grandi hits del combo a stelle e strisce, che si presenta invece come una morbida ballata semiacustica che esplode improvvisamente in un ritornello deciso. Notissimo anche il videoclip, in cui la band gioca amabilmente con vari animaletti.
Ma sono le note di "Don't Let Go" (che la casa discografica spingeva per presentare come primo singolo) ad aprire il disco, seguite a ruota dall'altro estratto "Photograph": i due pezzi aggiungono alle atmosfere tipiche del vecchio "blue album" un flavour british rock tipicamente Ash primissima maniera (all'epoca pochi giorni prima era uscito pure "Free All Angels" dei nordirlandesi).
Cose come "Crab", "Glorious Day" e "Knock-down Drag-out" (cito le migliori) proseguono sulla stessa falsariga, costruendo ponti e sottopassi fra pop punk, college rock e pop rock britannico, in un turbinio di melodie coinvolgenti e chitarre roboanti.
Un disco oggettivamente bellissimo, che rilanciò verso l'alto la carriera di Cuomo e compagni (un milione e mezzo di copie vendute) e ci consegnò una band destinata a divenire un punto di riferimento per chi ama il pop rock di altissima qualità.
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