Questo è il primo lungometraggio di uno dei più grandi registi che il cinema ha mai conosciuto ed è un esordio folgorante, probabilmente l'esempio più bello, ancora oggi insuperato, di fusione tra paesaggi, regia, montaggio, fotografia, testi e musica.
Fata Morgana è un film su un viaggio, un viaggio che non è raccontato che si colloca in mezzo al nulla, che in questo caso è il Sahara, il Kenia, la Tanzania, la Guinea e le Canarie, questo è un film sul rapporto tra l'uomo e la natura e Dio, costante questa che ricorre in tutta l'opera di Herzog, che è sicuramente stato il più bravo a sviluppare questa tematica in modo chiaro, ribelle e vigoroso.
Herzog usa come ispirazione il testo sacro del Popol Vuh e com'esso lo divide in tre parti La Creazione, Il Paradiso e L'età dell'oro e fonde la lettura di questo con immagini di desolazione, di morte, di carcasse di animali in putrefazione, di tecnologie scomparse ed inutili, di aerei distrutti dal destino, di vite dimenticate, di testimonianza ormai estinte, di stranezze al limite della realtà e musiche bellissime, di Mozart, Handel e Leonard Cohen solo per nominarne alcuni.
Herzog traccia così un percorso immaginario dell'origine della vita e della sua stessa distruzione, un documentario che diventa a poco a poco sempre più strano fino a sfociare nel surreale, nella magia, nella fatalità e con questa sua strana ed imprevedibile miscela cattura lo spettatore in preda ormai all'incantesimo causato da Fata Morgana, strega e seduttrice bellissima, documentario ingannatore, documentario dell'anima.
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