Ispirato ai miti popolari italici delle creature dell'aria, come Arpie, Cialalere, Vecchiarine, questo album prodotto da Zairo (Nucciotti) e Darvulia - artisti del giro di Bad Sector, per intenderci - va ben oltre le iconografie che a prima vista sembrerebbero suggerire un percorso sospeso tra esoterismo ed epos, più vicino a certi filoni metal che all'ambito industrial.

Di fatto "The Creatures of the Wind" non è nulla di tutto questo. I suoni che compongono le otto tracce dell'album sono stati creati ed elaborati partendo da registrazioni del vento e di rumori di vecchi mulini a pale. Dunque, il filone è più quello della musica concreta ed elettronica, benchè qui di elettronico ci sia solo la tecnologia post-produttiva. Il risultato è sbalorditivo, sotto il profilo sonoro.

Il progetto Where, nato nel 1999, che successivamente diventerà Olhon per registrare un altro memorabile disco ("Veiovis" basato su registrazioni nei fondali di laghi italiani), fu un momento di grande ispirazione artistica di Zairo, personaggio noto quasi esclusivamente nel circuito indipendente più radicale. Determinato a ricostruire le tracce emotive di un passato culturale e sociale affascinante, trovò nei mulini il tramite catalizzatore del rapporto tra il vento e l'uomo, trasformandolo in qualcosa di atavico e capace di evocare le sensazioni più inquietanti ed abissali. I suoni del brano di apertura "Boreas" sono la sintesi precisa di quello che l'opera rappresenta: una sospensione spazio-temporale che fa venire i brividi e disegna nel subconscio i volti sogghignanti di creature ancestrali che solcano da secoli i nostri cieli.

Attraverso i cigolii mostruosi e gli aliti densi di "Conoscenze Oscure", "Arpie" e "Sacro Terrore", Zairo e Darvulia ci raccontano a modo loro ciò che la copertina del cd accenna in modo enciclopedico. I sembianti femminei di questi mostri volanti hanno popolato gli incubi della gente a lungo, manifestandosi in vari contesti e diventando lo specchio di fobie ed ubbie mai risolte dal raziocinio. Ma c'è di più... Non sono solo le ali mefitiche delle Arpie a frullare nell'ombra di queste musiche-non-musiche. Ci sono anche sentori più profondi e abominevoli, che una mente aperta e ricettiva accoglie in queste atmosfere notturne come l'incanto ipnotico di chissà quali divinità preistoriche. Il vento inafferrabile è portatore di presagi e allucinazioni, che rendono tutto immenso e devastante per il piccolo e impotente individuo che si aggira sui sentieri della nostra penisola al crepuscolo.

Edito da Eibon Records nel 1999, abbastanza raro da trovare. E vale la pena provarci.

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