Prima di esordire con "Power And Pain", i Whiplash avevano tutte le carte in regola per imbarcarsi nell'arca metal del tempo: ben 3 demotape all'attivo, un pezzo anthem come "Thrash Till Death", così come ce l'avevano gli Onslaught e i Tankard, ed un monicker che omaggia i loro numi tutelari, ovvero i "vecchi" Metallica. La "frustata" è proprio la musica dei Whiplash: thrash grezzo e scalpitante, adatto a rigenerarsi nelle orecchie come la sirena di inizio lavoro alla mattina.

La band dei Tony (Portaro, Scaglione e Bono) proviene dal New Jersey, come Jon Bongiovanni, e vede in Portaro lo stratega, il Talleyrand delle manovre speed del gruppo, perchè se la band esiste anche ai giorni nostri, senza Tony Scaglione e senza Tony Bono (R.I.P), è per merito del chitarrista cantante, il quale gongolava a chi gli faceva notare come "Thrashback" del 1998 assomigliasse a "Kill'Em All" di Hetfield e Co. "Power And Pain", pubblicato dalla Combat nel 1985, anno denso di uscite thrash, vede Tony Portaro occuparsi di tutte le rapsodie, adatte a raffigurare gli effetti della copertina infantile: la mano di Titan, il mostro arrugginito creato da Hellingen, acerrimo nemico dell'eroe dei fumetti Zagor, sembra polverizzare la testa dell'odioso Mastro Lindo, cover che ispirerà alla lunga pure i Vio-Lence di "Oppressing The Masses".

"Stage Dive" è l'opener evergreen dove il sound di "Kill'Em All" si sposa con flavour slayeriano ed echi di Exodus "Bonded By Blood", il tutto sovrastato da una produzione raw ma energetica, un pò bisavola di certo death metal floridiano; un pezzo che riassume il fascino del platter, dominato dalla veloce batteria di Tony Scaglione, dagli schemi farciti di rullate eterne (sulla scia di Dave Lombardo), con il basso free-lance di Tony Bono (si sente, si sente) che sgomita continuamente. Tony Portaro scarica il riff violento: possiamo sentirlo mettendoci all'interno di qualche tunnel autostradale, basta aprire il finestrino porgendo fervido orecchio al "rooooaaaarrrr" persistente ed il gioco è fatto. Il refrain ricorda "Hardening Of The Arteries" degli Slayer, ma niente da stupirsi: i quattro californiani erano la bussola per molte band di tutto il mondo (Kreator in Germania oppure Sacrifice in Canada, tanto per citarne alcuni).

Gli altri brani solerti non si discostano da questa ricetta, ovvero folate ritmiche mischiate ad accordi schietti, irrobustiti dai solos ben costruiti di Portaro e dalla sua voce stridente, senza tecnica: una ricetta che soddisfa i palati più esigenti che vivono solo di scelleratezze punk-metal. I brani si assomigliano nella loro struttura, ma hanno anche una personalità, una spinta, un loro appeal dovuto magari al titolo che si stampa nella mente, oppure sono autoreferenti come la placida granata "Nailed To Cross", dall'incipit solo vagamente "Heartbreaker", o ritornano (quasi) come titolo della futura raccolta di reliquie "Messages In Blood", confrontandosi con i teutonici Destruction formato "United by Hatred". Quello che rimane costante è l'astuzia del refrain veloce e di un secondario singhiozzo di chitarra in sottofondo, che schizza fuori dal muro sonoro come il caro e vecchio Alien. Allora sotto con la perla speed "War Monger" a rinfrescare la manfrina, con Portaro ferino cantore di guerre stellari che sbraita come un lupo famelico, laddove la fucina di riff portanti con assolo liberatorio continua a mietere consensi ascolto dopo ascolto. Ma merita riconoscimento anche il bravo Scaglione che continua, con il suo ritmo martellante, a mettere fragranze nei pezzi come "Red Bomb", oppure "Last Man Alive" (molto Venom style), finendo con l'anticipare "Ticket To Mayhem" mediante la nervosa "Power Thrashing Death".

Questo disco tuttavia, proprio per essere sortito in mezzo ad alti papaveri del thrash, viene ingiustamente un pò snobbato e il sound Whiplash viene celebrato come rozzo ed intransigente. Scaglione, nonostante la sua breve militanza negli Slayer, con annesse lagnanze di King dopo il congedo dalla band, lascia il gruppo facilitando l'ingresso di Joe Cangelosi, tecnicamente superiore e viepiù apprezzato da Mille Petrozza, che lo vorrà poi con sè nei Kreator di "Cause For Conflict". "Power And Pain" rimane un album efficace, stagionato al punto giusto, non innovativo ma certamente affascinante per il fatto di essere suonato senza tanti merletti, allinendosi così al thrash del tempo che nella produzione e nel missaggio, a cura di tale Norman Dunn, non vedeva elementi fondamentali per la riuscita di un platter: la genuinità, la spontaneità e la forza speed dei pezzi erano il condimento migliore del banchetto thrash, senza badare troppo alla qualità della batteria di pentole utilizzate.

Con il follow-up "Ticket To Mayhem" i Whiplash riordineranno le idee e metteranno a fuoco la loro direzione musicale, grazie ad una produzione più rifinita (ma non raffinata), a Cangelosi dietro alle pelli ed a composizioni più accessibili (e meglio strutturate), ma che tuttavia non hanno l'aspra genuinità dell'esordio.

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