Ultimamente sto riscoprendo tanti bei gruppi in ambito doom metal, molti dei quali sottovalutati o addirittura lasciati totalmente nell'anonimato dal pubblico italiano. Forse perché il genere ha stufato (non me sia chiaro!), forse perché non c'è sufficiente passaparola, fatto è che tante band nascono, si sviluppano e si sciolgono senza lasciare molte tracce dietro di sé. Oggi voglio dare il giusto merito a un gruppo olandese, i Whispering Gallery, e al loro "Shades Of Sorrow", a mio avviso il loro definitivo raggiungimento della maturità artistica (nonché apice musicale).
Combo un po' anomalo questo, sei membri di cui addirittura tre cantano, alternando nei pezzi growl, scream e voce pulita impostata e talvolta teatrale. Tutto intorno si sviluppa una cattedrale sonora decisamente interessante e a tratti emozionante, molto originale nell'affrontare un settore ormai piuttosto saturo. Di base come detto doom, ma anche qualche sfuriata di death e partiture (soprattutto tastieristiche) al limite del progressive (in certi momenti mi sono tornati alla mente gli IQ e i Porcupine Tree!).
Il disco in questione non è lunghissimo (una cinquantina di minuti circa, divisi in otto tracce), ma contiene dei pezzi veramente notevoli.
L'inizio è stato per me amore a primo ascolto. "The Ghost Inside" avanza lenta e sofferente (come tradizione doom insegna), con una chitarra gemente e una batteria pesantissima, sulla quale si getta prima un profondo growl, poi una voce pulita molto potente e emozionante, che in alcuni momenti, non in questo pezzo, raggiunge addirittura intensità del power metal. A un break melodico piuttosto placido e atmosferico, guidato sapientemente da una chitarra elettrica e da languidi tocchi di tastiera, fa di nuovo seguito il growl cavernoso, che di tanto in tanto si intreccia con il cantato pulito sigillando un sodalizio eccezionale, il cui pathos è raggiunto con l'aggiunta in una strofa dello scream. Ai due terzi della traccia vi è un momento in cui i cultori del doom sentiranno fortissima l'influenza dei My Dying Bride degli esordi: lentissima batteria, come un battito cardiaco, basso pulsante e sporco, e un violino che di tanto in tanto squarcia la cupezza fino a quel momento accumulatasi. Il brano si chiude con il bel ritornello cantato prima in pulito, poi in growl, un finale sicuramente affascinante e coinvolgente per uno dei pezzi forti del disco.
Altro pezzo da novanta è la successiva "Afraid To Surrender", con una strofa iniziale dal sapore medievaleggiante e ancestrale, alternata a versi in growl potenti e rabbiosi, chiusi da un malinconico violino, che traghetta l'ascoltatore direttamente al poetico chorus, di nuovo cantato sia in growl che in clean. La parte centrale è quella meglio riuscita di tutta la traccia, quella sicuramente più matura e creativa, guidata da un sapiente uso delle tastiere e da una sezione ritmica che qui si concede a una parentesi roboante e rocciosa.
Buona pure la terza "Darkness Falls", con di nuovo un ottimo lavoro alle tastiere (qui nella loro veste atmosferica-progressive, basta sentire la strofa intorno al quarto minuto) e un ritornello tra i più emozionanti sinora sentiti nel disco, la cui coda è affidata a un romantico assolo di chitarra. Senza nulla togliere alla title track e alla folleggiante "Desperation", sono le successive "From The Grave" e "Beyond The Light" a completare il quintetto delle tracce più meritevoli di tutto il disco.
Parte da leone nella prima delle due la svolge sicuramente la voce in pulito, qui eccelsa nel toccare punte altissime di intensità così come nel dilettarsi in strofe recitate, mentre intanto la canzone si sviluppa in una trama meno doom del solito, più atmosferica e fumosa. "Beyond The Light" è invece dominata da tastiere oniriche e spaziali, che ben esemplificano il senso del titolo, conferendo al brano un'aura drammatica e misteriosa. Talvolta gli effetti sono un po' ridondanti, ma in generale l'intero pezzo va oltre il sette come ipotetico voto.
Sicuramente coraggiosi i Whispering Gallery, abili a giocare con suoni, voci e melodie, sperimentando su un genere piuttosto canonico. Il disco non è scevro da difetti: il growl e la parte ritmica talvolta sembrano registrati un po' male, così come si avvertono certe volte una pesantezza e manierismo di fondo (come già detto per "Beyond The Light"). Piccolezze comunque, che nulla tolgono a un signor disco, un album che farà la felicità degli amanti del doom perché innovativo e particolare, e soprattutto perché in molti casi emotivamente intenso e commovente come solo i mostri sacri del genere hanno saputo fare sino a ora.
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