Allora, allora, allora… il genitivo sassone nel nome della band è una specificazione d'obbligo. Infatti qui non ci troviamo di fronte a quell'ensamble di fenomeni per tre quarti italoamericani capitanati da Mike Tramp (di origini danesi), che rispondevano al nome di White Lion. Questa è solo una band messa in piedi dallo stesso frontman dalla criniera bionda per rinverdire i fasti del passato (e magari speculare sul buon nome del Leone Bianco). Forse non dovrei nascondere dietro il velo delle parentesi la parola 'speculare' perchè probabilmente si tratta proprio di un'operazione commerciale che parte da un presupposto di cui il cantante in questione è logicamente a conoscenza: i White Lion avevano e hanno milioni di fans disseminati in tutto il mondo. E il gruppo aveva loro dedicato un ultimo, definitivo saluto con un brano intitolato 'Farewell To You' in cui i nostri cantavano il loro addio in tante lingue (dal giapponese all'italiano), ringraziando chi per anni li aveva sostenuti e ammirati. Incredibilmente questa song, cui era seguito un video realmente strappalacrime, nel 2004 diventa un assist al bacio per Mike Tramp che, dopo periodi in gruppi interessanti ma relegati nella penombra (vedi Freaks Of Nature e Capricorn), raccoglie la palla al volo a tredici anni di distanza da 'Mane Attraction', e decide di propinarci dodici brani presi random dalla discografia dei veri WL.
La ricetta è la stessa ma il gusto di questo piatto, che effettivamente ha molto più sapore quando viene consumato caldo (ovvero ai primi ascolti), cambia un bel po', impoverito soprattutto dall'evidente assenza di un grande chitarrista come Vito Bratta. Il personaggio in questione ha riversato bordate di hard rock melodico per più di un decennio su platee che gli hanno riconosciuto una grande reputazione dovuta al sudore versato per portare a casa ogni volta la pagnotta. Con 'Last Roar' invece, ci troviamo di fronte a tanta melodia ma povertà di chitarre, che non riescono a fare la parte del… leone! Bratta da solo riempiva un album, qui invece sembra che siano stati studiati accordini semplici semplici per rendere scorrevoli le canzoni, ma non ce n'era affato bisogno. L'unica cosa che crea un grande effetto vintage/nostalgia e che da un senso a questo lavoro è la voce di Tramp, sempre giovane e calda, "allargata" solo un po' dal passare degli anni, che però gli hanno risparmiato una preventivabile perdita di smalto. Mike Tramp è capace di prenderti per mano e portarti lassù, sulla cresta di quell'onda ottantiana sulla quale i White Lion erano comodamente adagiati e da cui la band osservava i nuovi orizzonti mondiali che riusciva facilmente ad aprirsi a colpi di hard rock.
In questo 'Ultimo Ruggito' il rock continua a farla da padrone, ma viene riformulato secondo un concetto nuovo e non tanto efficace. Peccato comunque, commerciale o meno, quest'operazione si apre bene con la riproposizione di un brano che non è stato molto importante nella carriera dei WL, ma che a me è sempre piaciuto tantissimo. 'All The Fallen Men' è un'opener davvero molto azzeccata, sinceramente io avrei scelto lo stesso brano. Il succo del disco è tutto qui: rivisitazione ritmica delle canzoni e melodia incentrata su chitarre che però non graffiano, accarezzano. L'interpretazione di Mike è grintosa, sembra uno che vuole dirti "Adesso ti faccio vedere io!". Le successive 'Warsong' e 'El Salvador' (prese rispettivamente dall'ultimo 'Mane Attraction' e dal bellissimo esordio 'Fight To Survive') iniziano a dare segni di cedimento. Mi dispiace soprattutto per la seconda song che praticamente non assomiglia molto all'originale e, soprattutto, non aggiunge niente di interessante, facendole perdere quel meraviglioso impatto che aveva inserita come penultimo brano nel disco del 1988. 'Warsong' era un hard rock schiacciasassi che qui viene invece molto rallentato. Diventa un pezzo quasi tronfio che mi lascia molto perplesso. Però ha senso inserirlo nella tracklist per il fatto che i WL, pur essendo stati un band politically correct, hanno comunque criticato alcuni aspetti dell'americanità (meravigliosa la copertina di 'Big Game'), in primis i discorsi relativi alle guerre.
Il lavoro continua a muoversi incerto con la mielosa e all'epoca stupenda 'Wait', che qui si trasforma in un pezzo riflessivo e dai ritmi blandi, che cerca appigli (spero che condividiate) nella musica degli U2 più "spazianti". Una decisa salita di tono si ha con 'Little Fighter', ben ritmata, divertente e coinvolgente come in passato. Direi che questi primi brani sono effettivamente i più significativi, nel senso che da questo punto l'album inizia a farsi noioso, prevedibile e troppo leggero. Non ci sono più sferzate, non ci sono più ruggiti. Le varie 'When The Children Cry' (forse il pezzo più di successo dei WL, che qui sembra una melanzana tenuta per troppo tempo in frigorifero), 'She's Got Everything' (brutta come la peste!), 'Fight To Survive' (claudicante), 'Lonely Nights' (fate un po' voi qui… ) e 'Broken Home' diventano una palla al piede se ascoltate con distacco e dimenticando i comunque immediati link mentali con i veri WL. Discorso a parte va invece fatto per la song di chiusura. 'Till Death Do Us Part' era una ballad pomposissima, barocca, studiata per essere un hittone intramontabile, di quelli alla 'November Rain" dei GN'R. All'epoca del loro ultimo disco però, i ragazzi avevano effettivamente esagerato. Qui invece il brano in questione diventa bellissimo leggermente più veloce e molto acustico. Un pezzo da suonare alla chitarra e accompagnare con percussioni leggere, più o meno sulla falsa riga della versione acustica di "I'll Cry ForYou" degli Europe.
Tirando le somme si può dire che 'Last Roar' è una zampata di leone sulla ferita che i WL avevano aperto nel cuore dei loro fans. Ferita concretizzata proprio da quella malinconica 'Farewell To You'. Ce n'è voluto di tempo per far si che la lesione si cicatrizzasse e Mike Tramp è stato intelligente ad andare a colpire esattamente nello stesso punto. Nonostante si tratti di un album che si fa cantare tutto dall'inizio alla fine, non bisogna però cascare nella trappola. L'effetto nostalgia scema a distanza di pochi ascolti e lascia spazio alla voglia di White Lion semmai, quelli di una volta, quelli con Vito Bratta, James Lomenzo e Greg D'Angelo.
Peccato Tramp.
Carico i commenti... con calma