Tra Pink Floyd, Tangerine Dream, Klaus Schulze e Gary Numan: ecco a voi i White Noise.

Benvenuti nel mondo dei dispositivi di frequenza, dei generatori di segnali sonori e dei primi sintetizzatori elettronici. Un mondo che esisteva già prima della tecnologia MIDI e prima dell’avvento dell’era synth-pop ed electro degli anni ‘80. Si parla del 1968, quando fu pubblicato dall’etichetta Island il disco White Noise - An Electric Storm che divenne in breve tempo uno dei vinili-culto più richiesti dai collezionisti e dagli amanti della proto-elettronica di genere synth-space-rock. E’ uscita un paio d'anni fa la versione in Cd: per chi ha certi suoni nel cuore quest’album è d’obbligo.

White Noise fu un progetto di David Vorhaus, un americano trasferitosi a Londra a metà anni sessanta. Dopo una laurea in ingegneria elettronica presso il Politecnico Northern ed un accanito studio musicale con un doppio basso (con il quale ha militato in un’orchestra sinfonica), Vorhaus iniziò a combinare il suo interesse scientifico alla passione musicale quando scoprì i primi proto-sintetizzatori - innamorandosene irrimediabilmente - e quindi incise due brani con un piccolo Revox, tramite i quali ottenne l’occasione d’incontrare Chris Blackwell, il guru della Island Records. Blackwell fu talmente affascinato dal rumore bianco di Vorhaus che gli chiese subito di registrare un album. Un assegno di tremila sterline gli permise d’ampliare il suo Kaliedophon Studio a Camden Town, uno studio di registrazione pieno d’ammennicoli vari (tra cui il famigerato sintetizzatore EMS VCS3, uno dei primissimi sulla scena musicale). Più che sembrare uno studio sembrava il laboratorio di uno scienziato pazzo. Insieme a Delia Derbyshire, la sua fidanzata, e Brian Hodgson - entrambi quotatissimi ingegneri del suono della BBC Radio (a quei tempi l’alta tecnologia era un’esclusiva delle radio) - iniziò ad incidere i primi brani del disco. Meticoloso, inventivo, preciso, il lavoro di Vorhaus si concentrò su ogni singola nota, e si prolungò per un anno, fino a quando quelli della Island cominciarono ad innervosirsi, spingendo per una veloce pubblicazione. Infine, tra un tira e molla a causa della pignoleria di Vorhaus, l’album fu pubblicato in sordina, senza alcuna pubblicità. Per ripicca, Vorhaus non concesse mai interviste e neanche s’esibì in concerto, comunque il passaparola tra gli appassionati contribuì a venderne migliaia di copie.

I motivi che consacrano An electric storm come seminale per la musica elettronica e synth contemporanea sono vari. Innanzi tutto l'originalità della proposta musicale, oscillante tra un sound dal vago sapore medioevale ed il futurismo della tecnologia addottata per comporlo. Ascoltare per esempio My Game Of Loving, una composizione che rispecchia il sound "hippy" del periodo, stravolto dalle avanguardie tecnologiche. Vorhaus per questo brano compose sinteticamente i suoni di un’orgia immaginaria e, dopo aver vissuto per un periodo in una "comune", li combinò con la registrazione di un’ammucchiata realmente avvenuta alla quale, pare, partecipò anche lui. Oppure l'epica e sinfonica Your Hidden Dreams, la cui lirica fu riprodotta sulla copertina originale siccome incomprensibile a causa dei molti elettro-effetti. Oppure The Black Mass, una cavalcante synth-jam session che servì a concludere l’ellepi nell’ultimo momento, registrata in fretta e furia durante l’ultimo giorno, prima di consegnare il master alla Island. Questo pezzo fu ispirato da Saurceful of Secrets dei Pink Floyd (1968), un disco fondamentale che influenzò anche i progenitori del kraut tedesco.

Il brano più noto di An Eletric Storm è The Visitation. Ci vollero ben tre mesi per inciderlo. Da ascoltare con le luci spente, le cuffie ben calzate in testa e la dovuta cautela. Un trionfo cacofonico di stravaganti suoni sperimentali... questo brano è reputato come uno dei noise-trip più pesanti del periodo.

Cinque anni dopo l’uscita di questo disco, Vorhaus incise altri due lavori sotto il suo nome per la Virgin e un altro paio negli anni ’80 per la Pulse Label, e continua tuttora a comporre colonne sonore per il cinema e la televisione (sua la colonna sonora della serie televisiva Dr. Who della BBC). Ogni tanto si concede un live-set synth-elettronico di stampo sinfonico, in Inghilterra. Forse un po’ poco per gli appassionati, ma meglio poco, se così d’alta qualità.

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