Messi in piedi dopo una breve parentesi solista e, soprattutto, dopo la fine del gloriosi Deep Purple, i Whitesnake sono stati per David Coverdale lo strumento per realizzare ogni sua aspirazione in campo musicale oltre che trampolino di lancio per entrare tra i pesi massimi del rock mondiale. I "suoi" Purple, spesso sottovalutati a favore di quelli "storici" di Ian Gillan, seppero mescolare tutti quegli elementi che avevano fatto la fortuna della leggenda porpora con una ragguardevole dose di blues, unita, per l'occasione, ai virtuosismi funky dell'asso Glenn Hughes, lasciando ai posteri almeno un capolavoro, quel "Burn" ancora oggi immancabile in una qualsiasi classifica/enciclopedia rock degna di questo nome. Nel 1978, con Coverdale ormai instradato verso una carriera da solista, c'è la necessita per il lungocrinito cantante di trovare dei validi musicisti che possano accompagnarlo in tour: l'intesa con i nuovi arrivati c'è da subito, Micky Moody e Bernie Marsden sono cresciuti a pane e blues, hanno tecnica e classe e sono l'ideale per un David Coverdale alla ricerca della formazione perfetta. Dovevano essere dei semplici turnisti, saranno invece una delle macchine da rock'n'roll più attive degli anni Ottanta, riuscendo ad infilare nel giro di nemmeno un lustro una serie di capolavori di hard blues da non credere. Completata la formazione con il giovane Neil Murray al basso, autentico prezzemolino dell'hard rock di Sua Maestà, l'ep "Snakebite" e l'esordio "Trouble" sono il banco di prova di ciò che sarebbe arrivato da lì a breve: cambiano rapidamente le formazioni, la determinazione resta la stessa, salgono a bordo due pezzi da novanta che rispondono al nome di Jon Lord ed Ian Paice. Dopo l'ottimo "Lovehunter", del '79, che già contiene i primi classici, gli Snakes, forti anche della crescente popolarità che proprio in quel periodo sta riscuotendo la scena hard'n'heavy britannica (chi ha detto NWOBHM?), diventano, insieme a Motorhead, Rainbow ed ai redivivi Black Sabbath alcuni dei nomi fissi nei cartelloni di festival ai tempi alle prime edizioni ma che da lì a poco tempo sarebbero entrati nell'immaginario collettivo, ovvero il Reading Festival ed il Monsters of Rock. Una voce calda e sensuale, le chitarre bluesy di chi sul palco ci è nato, il tutto unito ad una sezione ritmica d'impatto e ad un tastierista di spessore ma mai ingombrante fanno di "Ready An' Willing" uno dei capolavori del 1980. Il tour è un trionfo che viene, giustamente, immortalato nel mitico doppio lp "Live.. In The Heart Of The City": il successo è tale e talmente repentino che c'è chi parla ormai di "Deep Purple 2". L'idillio però dura poco: "Come and Get it", dell'anno dopo, nonostante alcuni pezzi azzeccati, non ha il fascino dei lavori precedenti ed inizia a mostrare segni di stanchezza. Se le cose, in studio di registrazione, vanno male, fuori vanno anche peggio: la malattia della figlia costringe Coverdale a lasciar stare con il gruppo, si congela tutto e si rimanda a tempi migliori. Se a ciò si uniscono anche i primi malumori, si capisce che, dalle parti del Serpente Bianco, il futuro non prevede nulla di buono. Nato quindi sotto i peggiori auspici, "Saints And Sinners", nel 1982, risulterà essere il classico colpo di coda (del serpente?). "Young Blood" da il via alle danze, la produzione è potente, il basso onnipresente di Murray detta il tempo insieme alla batteria di Paice, le chitarre di Moody e Marsden vanno ad appoggiarsi sul tappeto sonoro intessuto da Lord e Coverdale dirige il tutto con il fare del frontman scafato. "Rough An' Ready" conferma lo stato grazia del gruppo, che conclude la prima facciata dell'lp con il classico "Crying In The Rain", uno dei cavalli di battaglia della formazione inglese, ancora oggi onnipresente durante qualsiasi concerto di Coverdale e soci. "Here I Go Again", che apre il lato B, è un'altra perla che, insieme al brano precedente, sarebbe stata poi rimaneggiata anni dopo per essere pubblicata sul campione d'incassi "1987", ma è indubbio che la versione originale e blues abbia ben più fascino di quella hair metal di fine Ottanta. Se "Rock An' Roll Angels" e "Love An' Affection" sono brani più leggeri, l'accoppiata finale, "Dancing Girls" ed il pezzo che da il titolo all'album, hanno invece un ritmo più sostenuto, mostrando una formazione in grande spolvero che sembra essere uscita a testa alta da un momento di difficoltà. Il "sembra essere" è doveroso perché in realtà il tempo per i Whitesnake, anzi per questi Whitesnake, è ormai agli sgoccioli. Per quando "Saints And Sinners" sarà finalmente arrivato sugli scaffali dei negozi, infatti, gli storici Neil Murray, Bernie Marsden ed Ian Paice saranno stati sostituiti dai nuovi arrivati Colin Hodgkinson, Mel Galley e Cozy Powell. La storica coppia d'asce Moody-Marsden non c'è più e con essa parte dello spirito del gruppo originale. Da quel momento dire Whitesnake significherà dire David Coverdale: le formazioni cambieranno alla velocità della luce, i vecchi leoni del blues verranno rimpiazzati senza troppa remore da guitar hero bellocci e palestrati ed il mercato a stelle e strisce sarà finalmente, per Coverdale, a portata di mano. Se la versione remix di "Slide It In", pubblicata due anni dopo l'originale del 1984, pensata appositamente per il mercato americano, era stata il campanello d'allarme, l'album "1987" sarà la conferma che l'incendio è ormai incontrollabile. Super produzioni, turnisti di lusso e video su MTV a profusione prendono il posto delle sensuali ed ammalianti atmosfere degli esordi, con buona pace di chi aveva amato quei Whitesnake. Inutile dire che il successo sarà mondiale, ma il gruppo, o quel ne resta, che agli inizi aveva una sua personalità ben precisa, si ritroverà ad essere un po' una "bella senz'anima". "Saints And Sinners", di fatto, chiude in maniera magistrale la prima parte della carriera del gruppo di David Coverdale, con un disco appassionante, grandi canzoni e navigati musicisti che danno il meglio. Si tende a volte a considerare i primi album del Serpente Bianco come una specie di continuazione, in tono minore, dei Deep Purple di "Burn" e "Stormbringer" o come un semplice antipasto per gli album "americani" che sarebbero arrivati a fine Ottanta: nulla di più sbagliato. La fase '79-'82 ha regalato dischi di livello assoluto, autentici classici dell'hard rock più sanguigno e sentito e questo album è qui a ricordarcelo.
- David Coverdale, voce
- Micky Moody, chitarre
- Bernie Marsden, chitarre
- Neil Murray, basso
- Jon Lord, tastiere
- Ian Paice, batteria
- Young Blood
- Rough An' Ready
- Bloody Luxury
- Victim Of Love
- Crying In The Rain
- Here I Go Again
- Love An' Affection
- Rock An' Roll Angels
- Dancing Girls
- Saints An' Sinners
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