Se ci sono delle band che possono dirsi "indie", nella pura accezione del termine (independent nda), una di queste sono sicuramente i Wilco. Hanno il loro studio di registrazione, gestiscono la propria etichetta discografica e sono straordinariamente coinvolti sia nella vendita dei biglietti dei concerti, che del merchandising, senza contare che gestiscono gran parte dei rapporti con i fan. Tutto questo a partire dal 2007, dai tempi di Sky Blue Sky più o meno.

Nati a metà degli anni 90 da un'idea di Jeff Tweedy, direttamente dalle ceneri degli Uncle Tupelo (ex band di Tweedy) una delle band di riferimento della scena alt-country; oggi i Wilco sono una delle certezze indie rock su cui può far affidamento la scena statunitense. Unicum (o poco ci manca): amati in egual misura da pubblico e critica, se non è un primato questo!

"Cousin" è il 13° album della band di Chicago. Il quinto album dal 2015 (quando uscì "Star Wars") un periodo di otto anni durante il quale Tweedy ha anche pubblicato quattro album da solista e tre libri. Giusto per dare il senso della prolificità di questo artista.
E ancora, al 30° anno di attività i Wilco appaiono nella loro versione più politicamente esposta, non sono usuali brani impegnati come "Ten Dead" in cui Jeff Tweedy deplora la normalizzazione degli omicidi di massa: "Accendi la radio, è questo che dicono/Niente più, niente più, non più di dieci morti."

Nonostante la loro proverbiale predisposizione all'essere indipendenti, di cui scrivevo poco sopra, "Cousin" rappresenta una svolta per la band. In "Cousin" il gruppo ha ceduto parte del controllo sul processo di registrazione alla sperimentatrice pop Cate Le Bon, che ha seguito la produzione e si è seduta alle tastiere in diverse tracce, creando una collaborazione che porta bene a tutte le parti coinvolte. Le Bon ha aggiunto un senso di precarietà e di rischio, ma senza mai compromettere la visione della band, ma esaltando e recuperando l’anima musicale degli Wilco.

Cosa ha comportato questo? Fortunatamente solo buone notizie: "Cousin" ricorda da vicino l’indimenticato e indimenticabile "Yankee Hotel Foxtrot" del 2002 o il successivo "A Ghost Is Born": robuste ed eleganti melodie, nuvole di rumore leggere come panna montata, per toccare l’apice dell’alt. country e dell’indie folk statunitensi; con un interludio centrale che declina in una piacevole sfumatura crepuscolare e autunnale con "Levee" e "Evicted".
Warning: ricordiamoci comunque che ai tempi dei due succitati album c'era un certo Jim O'Rourke in cabina di regia.

Che il dio dell'indie rock ci preservi Jeff Tweedy & Co. ancora a lungo.

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