La storia è semplice. "No-depression" era il titolo del primo lavoro a nome "Uncle Tupelo", un corpo deforme nel cui cuore battevano due grossi talenti: Jay Farrar (il cattivo) e Jeff Tweedy (il buono). Nessuno osò immaginare all'epoca l'impatto che quel lavoro avrebbe avuto sulla storia della musica. "No-depression" divenne simbolo di un determinato sentire musica, incatalogabile nel suo mischiare, con urgenza e sentimento, country, folk, pop, blues e rock.
"No-depression" divenne IL genere. Tante ne vennero dopo, di copie, imitazioni, truffe, riprese, rinascite ed epigrafi. D'altronde il cattivo (Farrar) ed il buono (Tweedy) non potevano durare assieme, ed infatti non durarono. Due furono i tentativi partoriti e poi si disse: chi vivrà vedrà. Troppo diversi, in fondo, e lo si vedrà nella genesi stessa dei loro percorsi: Farrar si rinchiuderà sempre più in se stesso, nel suo animo sempre più martoriato partoriranno canzoni di lacerante sofferenza, fino all'ultimo, "Terroir blues", quintessenza del dolore umano. Mi sono sempre chiesto cosa occorra per prevedere la morte. Io prego perchè Farrar mi dilani ancora a lungo con le sue litanie, e speriamo bene, ma io non lo vedo in gran forma, ecco.
Jeff Tweedy, al contrario, si spinse precoce verso la luce. Fonda i Wilco, ensemble che prima si lancia verso un country-pop parecchio roots (A.M.), poi tolto il freno a mano, prima sforna una gioiello pop ("Being there"), quindi un capolavoro universale, in cui tutto è fuso ("Summerteeth"). Manca solo l'arrivo, poichè il percorso verso la perfezione è quasi completo.
La Reprise non è dello stesso avviso, e - all'ascolto di questo Yankee Hotel Foxtrot - considerandolo troppo poco commerciale ("neanche un singolo, diamine, nemmeno uno" - letto sull'NME), senza troppe cerimonie li prende a calci nel culo e addio. I Wilco tirano fuori 500.000 dollari, si comprano i master e girano finchè non trovano una etichetta meno ottusa (la "Nonesuch"). Nastri alla mano, tutti sono pronti al primo capolavoro sotterraneo del nuovo millennio. E così fu. Manca solo il missaggio, e nel film è il turno del bello, Jim O'Rourke, uno dei produttori e musicisti più all'avanguardia.
La musica, ora. "I am trying to break your heart" col suo tappeto di percussioni eteree apre le danze, linee di piano si incastonano come gioielli tra liriche struggenti e organi sognanti. "Kamera" è indie-rock del genere più puro, ovunque regna sovrano un senso di compiuta purezza. Richiami Pavement, ritornelli jingle-jangle, freschezza e dolce ironia ("Heavy metal drummer"). Dimostrazioni di come il rock possa intendersi come qualcosa di creativo (gli effetti noise, le percussioni deliziose e la voce distaccata di Tweedy in "Poor places"). "Jesus etc.." rappresenta l'apice dell'opera, coniugando a testi ossessivi, lamenti country, ma di un country violentato e martoriato.
Un lavoro di bellezza universale, un'opera fatta di idee prima che di canzoni, musica di anime, prima che di musicisti. L'ironia e la dolcezza non sono in do minore, ma sono in "Ashes of American flag", dove la coscienza sposa il talento. "Reservations" chiude, lenta litania in dissolvenza, vicina ai Radiohead meno cerebrali, voce che parte piano e chiude impalpabile, rock fatto psichedelia, folk fatto scheletro, canzone fatta eterna. Il primo grande capolavoro del millennio.
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