Nessuno si sarebbe aspettato nel 1987 da un gruppo come i Wild Dogs un disco come "Reign Of Terror", che infatti costituirà un vero e proprio unicum nella storia della band, mai più in grado in futuro di ripetersi a questi livelli.

La leggendaria quanto misconosciuta e sfortunata formazione militava da anni in quel di Portland, Oregon, ed era dedita ad un Heavy Metal potente, d'impatto, ma dalle coordinate inequivocabilmente classiche, molto più vicine all'Hard Rock e impastate di quelle linee melodiche tanto care al Metal made in U.S.A. negli anni '80. Eppure proprio in quell'anno, forse complice l'abbandono del borchiatissimo frontman Matt McCourt (tra l'altro artefice della reunion del 1998 con una line-up completamente rinnovata), forse grazie anche alle influenze di altri gruppi della costa occidentale come i fantastici, devastanti Metal Church o la scena musicale della Bay Area, i nostri consegnarono alla storia uno dei capitoli migliori nonché più trascurati del Metal americano.

Ma "Reign Of Terror" non è solo l'asettico incrocio di Heavy classico e ritmiche Speed-Thrash, bensì un lavoro che va oltre queste semplicistiche catalogazioni per vivere di luce propria grazie a un songwriting ispiratissimo e alla classe di questi quattro musicisti, in grado di trasfondere nei nove brani del platter grinta e passione a volontà, mediati dalle loro impressionanti capacità tecniche, che comunque non vengono mai messe in campo per partorire virtuosismi fine a sé stessi, ma per servire, con calibrato e fine dosaggio, da mero strumento per l'evocazione di atmosfere apocalittiche e futuristiche che hanno tuttavia il sapore dell'immaginario tradizionale (e un po' tamarro) della frontiera americana, tra leggenda e ignoranza, tra strade rettilinee polverose percorse da moto rombanti e distese desertiche a perdita d'occhio, puzza di benzina e sudore, motel abbandonati e autogrill gremiti di camionisti serviti da cameriere immancabilmente bionde e maggiorate.

Che dire della formazione? Il cantante Michael Furlong non fa rimpiangere il buon vecchio Matt, mettendo in campo una voce alta e graffiante, dal timbro pesantemente alcolico, in grado di prodursi in acuti al vetriolo come in slanci passionali senza battere ciglio, mentre dal canto suo il chitarrista Jeff Mark si lancia in cavalcate folli e assoli da guitar hero con disarmante abilità e classe invidiabile; gli fa eco la solidissima prestazione di Rick Bartel al basso, mentre assolutamente sopra le righe è il lavoro, al limite del miracoloso e del paranormale, di un allora giovanissimo Deen Castronovo (serve proprio ricordare le sue future collaborazioni con Steve Vai, Ozzy Osbourne, Ted Nugent o i Journey?).

Impossibile scegliere, tra i brani proposti, il migliore o anche solo il più rappresentativo: "Metal Fuel (In The Blood)", che apre, è una vera e propria dichiarazione d'intenti, un pezzo solido che non perde ferocia e mordente nemmeno nel break centrale, "Man Against Machine" si distingue per la sua epicità oscura e futuristica, mentre "Call Of The Dark" è una canzone che, percorsa senza requie dall'imperversante doppia cassa e dai giochi di piatti di un impazzito Castronovo, arriva in faccia all'ascoltatore come un treno lanciato a paurosa velocità. Che dire allora di "Siberian Vacation", vero e proprio brano d'eccellenza, scandito da ritmiche massicce e squadrate che sembrano anticipare, soprattutto nello stacco centrale, in cui una chitarra sovraincisa va a cesellare una cupa melodia che ha dello psichedelico, addirittura il Groove dei Pantera? O della malinconia pervasiva ma non rassegnata né tantomeno depressa della bellissima e sentita "Streets Of Berlin", stretta come in una morsa tra quei due mostri sonori di velocità e ferocia come le efferate "Psychoradio" e "Spellshock"? Per non parlare della title track, "Reign Of Terror", ancora oggi proposta in concerto dalla riesumata formazione, pur se inadatta alla voce di McCourt, una canzone maestosa, epica e travolgente, dall'incedere oscuro e apocalittico chiaramente debitore del Thrash più malato, dove però il ritmo rallenta a creare un'atmosfera di impotente attesa della fine. Impossibile infine tacere anche dell'anthemica "We Rule The Night", cupa e a suo modo minacciosa, vero inno all'Heavy Metal cantato dalla voce roca violentata da migliaia di bicchieri di bourbon di un fantastico Michael Furlong, che chiude in maniera più che degna questo capolavoro dimenticato.

Sembra perciò uno spiacevole scherzo del destino che un disco del calibro di "Reign Of Terror" sia caduto nell'oblio e che i Wild Dogs si siano sciolti proprio poco dopo la sua pubblicazione: da lì in poi ci sarebbe stata una sequela di reunion, split up e formazioni parallele che avrebbe relegato il buon nome della band a un ruolo di terzo piano che certamente non meritava. Chi ama particolarmente l'Heavy e il Power americano (parlo di gente seria come Omen, Armored Saint e Savatage) troverà in questo disco un lavoro coeso e di altissima qualità, scevro di banalità, forzature o ridicoli cliché, pieno di materiale magistralmente composto ed egregiamente suonato, sicuramente all'altezza di ben più blasonati gruppi statunitensi ed europei di quegli stessi anni.

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