L'ho sempre sostenuto e non mi sbagliavo affatto:  Friedkin è uno dei pochi che non delude(chi ne è rimasto deluso e ritiene di amare il suo cinema probabilmente non lo conosce abbastanza). Dico uno dei pochi per metterlo in relazione con altri storici autori che di recente hanno realizzato nuovi film:  mi riferisco a Carpenter,  con "The Ward",  a Landis con "Burke and Hare" e a Cronenberg col capolavoro "Cosmopolis". Quello di Friedkin, a maggior ragione è ancora più prezioso come lavoro, in quanto, se i precedenti sono rimasti più o meno nel loro "ambito", questo "Killer Joe" è un lavoro piuttosto atipico nella cinematografia Friedkiniana, nonostante per un estimatore si legga lontano Kilometri la sua firma: inquadrature tutt'altro che eccessive ma potentissime e pulitissime (questo dovrebbero imparare i nuovi pseudo-avanguardisti che di avanguardia non riescono nemmeno a scrivere la parola), il sangue così puro e naturale che sembra di ritornare ai tempi di The guardian, spari che squarciano e lacerano in maniera minuziosa ma, importantissimo, mai eccessiva, che sembra quasi di ricordarsi la morte di Chance in "To Live and Die in L.A.", pugni che sembra veramente di prendere in faccia, come quello pesantissimo che rifila McConaughey alla Gershon, di un realismo incredibile, come d'altronde già ci ha abituati Il regista (vedasi l'incidente d'auto in "Jade" o gli inseguimenti di "To Live and Die in L. A. " o "The French Connection", per citare alcuni episodi). Queste ed altre cose danno un'impronta chiara e nitida al film e rendono ben chiara, come se ce ne fosse bisogno, la mano di Friedkin. Nonostante quanto detto il film non è bello in quanto violento ma in quanto la violenza sia una cosa così naturale e necessaria in certe persone. Come dicevo, l'importante è la messa in scena della violenza (fisica e psicologica) e il motivo dei essa, non la violenza in sè: se il regista avesse inserito scene di schizzi di sangue sul muro a mò di cinema orientale o Tarantiniano il film avrebbe perso moltissimo, perchè in questo mondo non c'è nulla di poetico o artistico; se Killer Joe se ne andasse in giro con un machete... BASTA! Il cinema avrebbe perso. La gente che se ne esce puntando il dito sul Tarantinismo di questa pellicola dovrebbe capire come prima cosa che i due registi hanno due stili diversissimi (probabilmente alcuni hanno visto "Pulp Fiction" e "Django Unchained", hanno approfondito bazzicando su qualche sito-cazzone e si credono di aver capito Tarantino: no non l'avete capito) e come seconda cosa che il genere Tarantinano, solo Tarantino lo fa (bene), il resto è immondizia. E Friedkin non fa immondizia, anzi. Nel 2013 qualsiasi script leggermente violento è associato a Tarantino da imbecilli e incompetenti. William Friedkin è il regista americano vivente più importante insieme a Carpenter e a Cronenberg e questo film ne dà l'ennesima conferma, per la sua bellezza, importanza e solidità. Tarantino deve ancora dimostrare molto.

Una nota agli attori: Hirsch molto bravo, la Gershon strepitosa e stupendamente volgare, Juno Temple stupenda e bravissima (da vedere anche in Kaboom di Araki=bellissimo) e McConaughey è un grande, grande attore a cui nemmeno io avrei dato due lire: dopo questo lavoro con Friedkin ha fatto faville ("The Paperboy" stupendo, "Mud" molto bello ora lo aspetto con ansia nel nuovo Scorsese ma ancora di più in "Dallas Buyers Club"; speriamo benone).

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