Le letture estive sono davvero le più strane, non seguono un filo logico, non vai per generi o autori, ma sembrano più un delta fluviale digitato che si divide e si apre in diverse direzioni, ma sempre con un unica meta, in questo caso un lettore curioso di novità.

Il romanziere William Gibson, presunto padre del Cyberpunk, è un quasi parente per un sito Web. Sono passati quasi 20 anni dalla presentazione del suo primo lavoro Neuromante, che lo rese famoso a livello mondiale: "L'Accademia dei Sogni" è stato definito, invece, il primo romanzo che sancisce l'evoluzione, o se si preferisce, la nascita di un nuovo Gibson: ma quale?

L'impressione iniziale è che l'autore non rinunci a trattare del rapporto fondamentale che ha caratterizzato le sue performance, il rapporto uomo-tecnologia, anche se approcciato in modo decisamente diverso; qui siamo nel "reale" con telefonini cellulari, Power Mac, palmari e il Web, vero protagonista della storia, fatto mascherato dalla presenza di Cayce Pollard , ragazza "made in USA", che ci fa da cicerone in questa "location real-virtuale".

Nella prima parte del libro avverti, quasi palpabile, un'insicurezza, un'indecisione nella strada da percorrere e ti chiedi se mai una storia verrà fuori e quale; questa confusione, credo, sia volutamente spiegata con il "meccanismo del jet lag" enunciato da Damien, caro amico di Cayce a Londra: nei viaggi, "l'anima mortale, rimane chilometri indietro..., poiché le anime non sono abbastanza veloci e all'arrivo devono essere attese come bagagli smarriti"...

Ecco che l'uso del flash-back, ci porta con Cayce in quel mondo improbabile, ma non impossibile "frammentato e sequenziato" fra New York, Londra, Tokyo e Mosca.

Proviamo a spiegare: l'americanina è affetta da una paura alquanto insolita , la logofobia, che le crea enorme disagio in presenza di loghi di grandi marche, ma allo stesso tempo le assicura una sensibilità unica nel riconoscerne il successo pubblicitario. Le viene proposto, a sorpresa, un incarico particolare e diverso dal suo solito lavoro: deve indagare sull'origine di alcune brevi sequenze, ormai arrivate al 135° frammento, che immesse in rete hanno scatenato un interesse mondiale sbalorditivo. Cayce "casualmente" è un esperta delle sequenze ed insieme ad una ristretta cerchia di amici cybernauti doc, tenterà di risolvere l'enigma.

Non si può ignorare che Gibson ci ripropone alcune delle sue passioni: il Giappone e la Russia post-sovietica; ci fa incontrare strani mercanti d'arte elettronica, ma di antiquariato (mercatino semi-clandestino di calcolatori Curta e Sinclair ZX81), ricordandoci della sua grande preparazione in materia.

Gli eventi "occupano" lo spazio di una settimana, nella quale la ragazza "rincorre il tempo" sugli aerei di linea, ma il jet lag, creandole quella dissociazione anima-corpo, diventa quasi necessario per mantenere i contatti con il tempo reale, come se viaggiasse direttamente nel Web, annullando attraverso la sua persona le differenze spazio-temporali.

La trama è complicata quanto basta, anche se alla fine l'assassino è sempre il maggiordomo; l'inserimento di alcuni personaggi può apparire forzato, come il raggiungimento tumultuoso delle ultime battute.

Per i suoi estimatori è sicuramente un ottimo lavoro, per me... un fiume che, arrivato al mare, ha ridotto di molto la sua portata.

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