Ci ha provato tante volte a rinascere artisticamente, il buon Billy.
Il dopo scioglimento degli Smashing Pumpkins è stato un lungo tormento, iniziato con un primo album solista carichissimo ed iper-prodotto ma assolutamente non fondamentale (“TheFutureEmbrace”), passando per una reunion delle “zucche” a formazione completamente rinnovata che ha portato pochissime gioie e tanti sbadigli.
Quando tutto sembrava perso (le voci di una reunion in formazione originale, alimentate dallo stesso Billy, sanno molto di tardo ultimo tentativo di risalire la china) arriva il guru Rick Rubin con la più classica delle offerte che non si possono rifiutare: un disco solista che sa molto di reboot, con tanto di nome esteso in copertina. Un segnale di ripartenza, di distacco da un passato troppo ingombrante perché i fans possano ascoltare scevri di pregiudizi.
Ne esce fuori questo “Ogilala”, disco di una bellezza abbagliante. Non c’è niente di nuovo, o di complesso, in questa nuova opera di Corgan: anzi, la scelta (vincente) di Rubin (uno che di rinascite artistiche se ne intende, e l’ha dimostrato con Johnny Cash) è quella di ridurre tutto all’osso. Una chitarra, un piano e la strepitosa vocalità del vecchio Billy, che opta per un cantato costantemente vicino al vibrato ed emoziona come non faceva da lunghissimo tempo.
Per quanto una leggera piattezza di fondo ci sia, funziona tutto a meraviglia: il nuovo “vestito” confezionato da Rubin per Corgan è vincente, specialmente in alcuni episodi ove la scrittura dell’ex zucca è ancora ispirata come ai vecchi tempi (la fenomenale opener “Zowie”, sentito tributo al Duca Bianco). Torna a farsi sentire anche il desaparecido James Iha, alla sei corde (e si sente, eccome) per “Processional”, mentre altre belle cose arrivano dai due singoli “Aeronaut” e “The Spaniards” (quest’ultima dotata di un bellissimo video comprensivo di scene estratte da “Pillbox”, cortometraggio diretto dallo stesso autore). Gli archi di “Mandarynne” riportano nostalgicamente agli aurei tempi di “Mellon Collie”, così come convince pienamente la chiusura con “Archer”.
Finalmente un bel ritorno per un autore che ha scritto pagine fondamentali dell’alt rock tra fine ’90 e inizio duemila. Una ripartenza che speriamo porti a qualcosa di altrettanto bello per il futuro.
Brano migliore: “Zowie”
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