Cosa abbiamo lasciato dietro di noi? Da dove veniamo? E' il lato nostalgico dell'uomo quello che Wenders vuole tirar fuori da questo film. E non è un caso che la pellicola si apra con il richiamo al western, genere fondativo del cinema, come fondativo fu il viaggio dei pionieri. Il volgersi indietro al passato e mettere insieme le macerie della nostra esistenza: cosa ci siamo lasciati dietro dopo aver vissuto la nostra vita? Howard (Sam Sheperd) ha raggiunto il momento di ripristinare insieme le cesellature del proprio passato. Abbandona il set su cui sta lavorando come attore e trasforma la sua vita in un "on the road" momentaneo, verso la vecchia cara mammina. Di quì ancora più giù, verso il quasi rimosso, quella storia con quella donna quasi dimenticata. E quel figlio, lasciato chissà dove, senza un padre. Un po' un viaggio alla ricerca dell'altra metà di se stessi.
Ritmo dilatato, riprese panoramiche, intensi primi piani, fotografia geometrica e dai tratti vagamenti pittorici firmata Franz Lustig, piani sequenza e riprese circolari. "Non bussare alla mia porta" (2005) è il solito grande Wenders: lo è nell'aspetto formale puramente tecnico, ma anche e soprattutto nelle tematiche. Torna il tema di viaggio come momento di ri-scoperta, elemento cardine di lavori passati quali "Alice nelle città" e dello straordinario "Paris, Texas". Ma quì il tono è leggermente più enfatico, "decantato", e ciò emerge soprattutto nella seconda metà della pellicola.
I comportamenti maschili sono per Wenders sempre inquadrati nel loro lato negativo: sono le donne della vicenda quelle che parlano di umanità, che si dimostrano vicine ai turbamenti del genere maschile. Nessun personaggio uomo di "Non bussare alla mia porta" è fino in fondo una persona "per bene". L'ala femminile sovrasta l'ala maschile, chè è violenta, autolesionista, egoista, incapace di agire.
Nonostante le due ore del film e un andamento compassato, l'opera di Wenders è sempre perfetta nel suo bilanciamento filmico: raramente Wenders getta via screentime nei suoi film. Un'opera che va assaporata in ogni singola inquadratura, mai banale o fine a se stessa.
Da appartenente d'elite del "cinema du regard" europeo, Wenders ne ha fatta di strada, affermandosi come uno dei più originali e "pittorici" cineasti dell'ultimo ventennio. Spesso passato sottotraccia, mai troppo scoperto dal grando pubblico, Wenders ha scritto e continua a scrivere pagine basilari della settima arte. "Non bussare alla mia porta" ne è l'ennesimo grande esempio.
Ritmo dilatato, riprese panoramiche, intensi primi piani, fotografia geometrica e dai tratti vagamenti pittorici firmata Franz Lustig, piani sequenza e riprese circolari. "Non bussare alla mia porta" (2005) è il solito grande Wenders: lo è nell'aspetto formale puramente tecnico, ma anche e soprattutto nelle tematiche. Torna il tema di viaggio come momento di ri-scoperta, elemento cardine di lavori passati quali "Alice nelle città" e dello straordinario "Paris, Texas". Ma quì il tono è leggermente più enfatico, "decantato", e ciò emerge soprattutto nella seconda metà della pellicola.
I comportamenti maschili sono per Wenders sempre inquadrati nel loro lato negativo: sono le donne della vicenda quelle che parlano di umanità, che si dimostrano vicine ai turbamenti del genere maschile. Nessun personaggio uomo di "Non bussare alla mia porta" è fino in fondo una persona "per bene". L'ala femminile sovrasta l'ala maschile, chè è violenta, autolesionista, egoista, incapace di agire.
Nonostante le due ore del film e un andamento compassato, l'opera di Wenders è sempre perfetta nel suo bilanciamento filmico: raramente Wenders getta via screentime nei suoi film. Un'opera che va assaporata in ogni singola inquadratura, mai banale o fine a se stessa.
Da appartenente d'elite del "cinema du regard" europeo, Wenders ne ha fatta di strada, affermandosi come uno dei più originali e "pittorici" cineasti dell'ultimo ventennio. Spesso passato sottotraccia, mai troppo scoperto dal grando pubblico, Wenders ha scritto e continua a scrivere pagine basilari della settima arte. "Non bussare alla mia porta" ne è l'ennesimo grande esempio.
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