Prima che ognuno di voi, li fuori, si avvicini a questo disco, sappiate che se pur ne resterete estasiati alla fine, comprenderlo ed amarlo sarà un processo lungo ed arduo.
Gli Winds sono una band di musica metal, pesantemente influenzata dal progressive, per quanto riguarda le complesse strutture delle canzoni, ma risulta altrettanto ricca di venature provenienti dalla musica classica e neoclassica, specie visto la militanza in tale band del pianista Andy Winter, già in forza con gli Ages Of Silence, chiramente propenso a riproporre alcuni tipici schemi della musica dalla quale proviene, la classica appunto. Accanto a lui troviamo musicisti di primo piano per quanto riguarda il metal d'avanguardia, ossia Hellhammer, spero non abbia bisogno di presentazioni, Carl August Tidemann, ex-Arcturus e Tritonusn, capace di tirare fuori assoli di chitarra classica davvero fenomenali, ed infine alla voce ed al basso Lars E. Si (Eikind) anch'egli già negli Age Of Silence, ma anche in Khol e Before The Down.
Questo "Prominence And Demise" datato 2007, altro non rappresenta che una continuazione ed una evoluzione rispetto ai precedenti lavori della band, riproponendo i classici stilemi e musiche, ma a fare la differenza è questa volta la parte metal maggiormente in risalto rispetto al passato: è infatti in quest'ultimo lavoro che il gruppo si riallaccia al passato black metal di alcuni dei musicisti coinvolti, specie per quanto riguarda la sezione ritmica (non sono rare parti di doppia cassa sparate a velocità elevata), ma anche e soprattuto, per ciò che concerne in alcuni frangenti le atmosfere, pesantissime e cupe, quasi riflettenti, come degli specchi, gli stati d'animo dei compositori. In tutto questo, il piano di mr. Winter, di tanto in tanto, compare a dare una schiarita (questo solo quando non è intento ad appesantire ancora di più il mood dell'album), come fosse un raggio di sole dopo una giornata di tempesta.
La musica proposta, dal punto di vista tecnico, risulta estremamente elaborata, con continui cambi di tempo, ritmi dispari, riffs elaborati (pur non risultando mai pacchiani o fini a se stessi) ed assoli rapidi e taglienti; come nel passato compaiono poi strumenti più atipici nel campo metal, quali viole e violini, che contribuiscono ad arricchire un sound, già di per se ben fornito. La band si presenta assolutamente affiatata nel costruire delle melodie capaci di catturare l'ascoltatore e trasportarlo in un viaggio nero, pieno di tristezza e malinconia, nel quale si perde e ne uscirà stordito. Gli highlights del disco si possono, secondo mio personalissimo parere, ritrovare in pezzi quali "The Grand Design", nel quale fanno la loro comparsa melodie particolarmente atipiche, alle volte stridenti, sulle quali si appoggia la calda voce di Lars, che disegna dei vocalizzi davvero notevoli, delicati ma allo stesso tempo gelidi, di una freddezza imbarazzante. Ancora da segnalare risulta essere sicuramente "When The Dream Of Paradise Died" e "The Darkest Path", nelle quali esce fuori l'anima più selvaggia del combo, che si dimostra capace di tirare fuori episodi di una violenza e cattiveria davvero agghiaggiante, ma subdola perchè presentata sotto una veste di melodia pacata: un vero e proprio duo capace di tormentare e turbare l'ascoltatore a causa di attacchi musicali aggressivi, ma anche grazie alle sue musiche, passatemi il termine, nere e maledettamente malate.
Aggiungere altro su questo disco sarebbe quanto meno riduttivo e poco produttivo, uniche cose, porrei l'accento oltre che sull'ottima prestazione tecnica di ogni singolo elemento, anche sull'aspetto di resa sonora, davvero eccellente, con una registrazione talmente perfetta da rendere il disco ancor più distaccato e freddo. La scelta di ascoltarlo sta ora a voi: affezionarcisi potrà risultare difficile, ma quando ciò avverà, l'ascolto sarà sempre più appassionante.
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