…E così, come altri prima di me e come altri ancora che ci arriveranno, ho smarrito la retta via e mi sono ritrovato nella famigerata selva oscura.
Un circolare fruscio à-la For Carnation è soffocato dalle spire di serpi noise che sibilano tra il denso fogliame di ritmiche opprimenti.
Cornee giallognole mi fissano nell’ombra di atmosfere sulfuree, un minimal luciferino esala neri vapori che impugnano il mio cuore mentre su una roccia piatta vedo disegnata la sagoma di Lustmord.
Ma è solo un illusione. Non vedrò mai l’Oscuro Principe in questo disco, capisco solo che devo uccidere la mia vanità.
Il mio dolore, i miei problemi non sono nient’altro che pattume, solo granelli di sabbia nella spiaggia desolata del mondo. I castelli che costruisco sono identici a quelli di tutti, arredati nello stesso modo e abitati con uguale stolidità.
Reminiscenze dark-wave si fanno inesorabilmente largo nel sound, cauterizzano le mie ferite e, al pari di Oblomov, sguazzo compiaciuto nella mia indolenza.
Gli esili pezzi si susseguono delicatamente come le fragili speranze dell’infanzia, piccole barchette di carta che si sfaldano nell’implacabile corso del Lete adulto.
Arpeggi elastici tessono ragnatele in cui amori mai nati rimangono invischiati per sempre, in cui vani desideri vengono divorati comodamente dai pingui aracnidi del cervello.
“Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”.
Che sia la soluzione?
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