Di nostri connazionali che hanno cercato di uscire dall’underground dell’hard rock ce ne sono molti e sicuramente una delle band che più si è distinta per grinta e capacità tecnica sui palchi di numerosi clubs italiani nonché (nel 2000 e nel 2001) sul prestigioso palco del God’s Of Metal sono i Wine Spirit.

L’album in questione è il loro secondo lavoro e ci presenta un band in forma ed un lavoro prodotto e suonato egregiamente e con una tecnica invidiabile. La freschezza compositiva non manca, ma allo stesso tempo non mancano mai le strizzate d’occhio alle band storiche (dalle quali prendono ispirazione) del rock e dell’hard rock ’70 e ’80. Strizzate d’occhio che ai più intransigenti sembreranno quasi plagi, ma che a me sembrano degli accenni allo stile che più amano questi musicisti e che sono riusciti a riproporre in chiave moderna e con evidenti e mai noiosi richiami al passato.

Tutto l’album gravita su note di puro e semplice (ma stupendo) hard rock e spesso cammina sulle orme delle band che hanno reso grande la musica rock come AC/DC, Deep Purple, Van Halen, Motörhead, Kiss e Black Sabbath. La opener “Catch 22” si propone con un bel refrain e un cantato nel più tipico stile hard rock. Splendida al roboante “Hide And Kill” buonissima sia melodia che ritmo, grande il lavoro di basso e di batteria e l’ assolo di chitarra veramente bello. “Leap In The Dark” si propone come una song molto ispirata e con l’ inserimento di una tastiera che ricorda da vicino i Deep Purple. “Burnout” è una canzone ancora in puro stile hard rock rivisto in chiave moderna dai 3 italiani, anche qui un buon l’assolo condisce una canzone che però alla fine risulta essere meno brillante di altre. Si passa poi a “Go The Whole” che è il picco dell’album: bellissimo tributo a tutta la storia hard rock. “(I’ve Got) No Time” ci porta con i cori indietro di molti anni e dimostra ancora quanto questi ragazzi riescano ad unire in modo splendido il rock con uno stile più moderno.

Gli arpeggi introspettivi, dolci e delicati della strumentale “Midnight Touch” toccano giù nel profondo l’ascoltatore e ci fanno aprire il cuore. Veniamo cullati per 2 minuti e mezzo da splendide melodie dipinte mirabilmente dalla sei corde. Il pezzo successivo è invece in pugno in faccia che fa da grande contrasto con il precedente; “(She’s a) Regular Bolgie Woogie” corre veloce e ritmata per poi calmarsi nel break centrale con coro e arpeggi che lasciano spazio al finale con ritmo arrembante. Si abbassano i ritmi, ma non diminuisce la bellezza dell'album, anzi "Get It On", con ritmi e melodie facilmente memorizzabili, aumenta ancora il valore dell'album. Ancora un po’ di melodia e arpeggi di chitarra con la triste e sognante “Sailing Ships” che solo verso il finale libera l’energia nascosta nell’alone sognante dipinto dalla melodia iniziale. Ancora una bella corsa rock per il gran finale con “Spiagames” veloce e ritmata che ci invita a schiacciare nuovamente il tastino play e riascoltare questo splendido album.

Credo che questo album sia interessante sia per coloro che hanno vissuto sulla loro pelle l’evoluzione musicale del rock e dell’hard rock (quindi 40enni/50enni), ma anche per quei 20enni che forse non si sono mai avvicinati a questo genere preferendo il metal puro e duro o il nu-metal, per far capire loro che il rock è un genere vivo a volte divertente e orecchiabile, altre melodico e introspettivo, ma anche veloce e graffiante. Una botta di vita tutta italiana ascoltatelo e godetevelo.

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