Spesso le opere minori di una band finiscono per rivelarsi fondamentali per comprenderne appieno i capolavori, seppur oscure e meno apprezzate. Semmai sono composte proprio dagli scarti dei capolavori, forse perché ritenuti troppo complessi o troppo eccentrici rispetto al sound che s'intendeva ricreare. Nel caso dei Wipers si trattò di componimenti più foschi, contorti, meno immediati rispetto a quelli che compaiono sull'LP di esordio "Is This Real?".

Gli outtake di "Is This Real?" furono raccolti dunque su "Alien Boy" (1980), un EP angosciante e angosciato come la gioventù di allora, di cui Greg Sage si faceva portavoce. La sua voce, tenebrosa, roca e gracchiante, è il tratto più significativo della musica dei Wipers, apocalittica e pessimista, come è documentato dalle liriche e dalla brevità di questo disco: quattro pezzi della durata complessiva di otto minuti, al termine dei quali l'opera appare piacevolmente incompiuta, irrealizzata.

La prima traccia, che dà il nome all'EP, parte silenziosa, con un basso che si scorge appena, ma che poi in maniera crescente farà sentire la propria presenza allo scandire del ritmo tribale della batteria. La tensione dunque è viva sin dal principio ed è accentuata dall'entrata di una chitarra nervosa e claustrofobica. Il pezzo non esplode mai, tiene piuttosto l'ascoltatore perennemente in attesa di uno spannung, che di fatto non avverrà. Probabilmente proprio come Sage, che s'aspettava qualcosa dalla vita, ma finì col diventare rassegnato al fatto che nulla di nuovo o di sconvolgente sarebbe mai accaduto. "Alien Boy" viene infine risucchiata dalla stessa linea di basso con cui era cominciata. "Image Of Man" a tratti ricorda la dark wave di Siouxsie And The Banshees, ma un tantino più inasprita e velocizzata, talora invece sembra decisamente precorrere l'indie rock di Dinosaur Jr. e affini, per la sua veste lo-fi. Le liriche esprimono perfettamente il senso di depressione e alienazione che affligge il leader, apatico e incessantemente deluso dalla vita (« This tired need surrounds me »). Pertanto avrebbe potuto figurare benissimo tra le tracce di "Is This Real?" per forte affinità sonora e tematica.

Accenni di melodie più confortanti s'intravedono nel power pop di "Telepathic Love", dove la voce di Sage sembrerebbe quasi spensierata. Anche la chitarra scrive frasi più solari, nonostante si ripieghi talora su passaggi tra il triste e il commovente. Chiude il punk fugace di "Voices In The Rain", intrappolante col suo giro di basso sinistro e martellante. La chitarra incute la sua consueta dose di angoscia, tra rumori e sfuriate. Il cantato è in realtà quasi un parlato, una sorta di monologo interiore, un viaggio attraverso le cure dell'animo di Sage, le cui parole corrono su un terreno strumentale che non lascia tregua. Ciò che gli preme maggiormente è cercare qualcosa per cui valga la pena vivere, un brandello d'ideale da rincorrere, che dia un senso alla sua esistenza. Esattamente quello che i giovani del suo tempo avevano perso di vista. Per cui le liriche di "Voices In The Rain" possono dirsi universali e attualissime, dato che i giovani d'oggi credono di aver raggiunto soddisfazione dalla vita, mentre in realtà si tratta soltanto di bisogni effimeri. Questo Sage l'aveva capito, perciò era alla continua ricerca di sé stesso: « As darkness falls /Nothing left at all/ What's in this street/ I begin to follow/ Trying to find it/ But it's all in vain ». Tale concetto, comunque, era stato già espresso ed estremizzato in "Potential Suicide", una delle tante gemme di "Is This Real?".

"Alien Boy" è stato incorporato nella reissue dell'82 di "Is This Real?" all'insaputa della band, per cui i più lo conosceranno quale parte integrante del disco d'esordio, sebbene fosse stato concepito come opera a sé stante.

Ascoltare "Alien Boy" potrebbe essere la catarsi per l'adolescente depresso di oggi.

Carico i commenti...  con calma